“Antisemitismo, una sfida anche culturale
Ma è necessario rafforzare i presidi”
Responsabilità, consapevolezza, lotta contro l’indifferenza. Memoria degli orrori del passato ma anche difesa della vita ebraica nel presente e nel futuro. Sono tante le parole e i concetti chiave evocati da Felix Klein, incaricato del Governo Federale di Germania per la lotta all’antisemitismo, ieri protagonista di un incontro sul tema dell’odio e del populismo, anche in una prospettiva europea, organizzato di concerto da ambasciata tedesca e Unione delle Comunità Ebraiche Italiane nei locali della Bibliotheca Hertziana.
Un incontro carico di spunti, a pochi giorni da un voto continentale che si annuncia carico di incognite e insidie e poche ore dopo l’attacco antisemita di Helsingborg, cui hanno preso parte anche la direttrice del Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah di Ferrara Simonetta Della Seta, anche nel ruolo di moderatrice della conferenza, la presidente UCEI Noemi Di Segni, l’ambasciatore Sandro De Bernardin, a capo della delegazione italiana all’International Holocaust Remembrance Alliance e l’ambasciatore Viktor Elbling con alcune riflessioni conclusive.
“Temi di stringente attualità, che oggi possiamo sviluppare partendo da un osservatorio speciale quale è la Germania. Un osservatorio che talvolta può intimidirci, per il suo passato. Ma che è centrale per capire quel che sta accadendo in Europa” ha esordito Della Seta, davanti a una platea con molte presenze giovanili, dando poi la parola a Klein.
Un dettagliato excursus storico, il suo, per capire dove si annidano le radici dell’odio e cogliere il complesso spettro di sfumature ideologiche e identitarie che rappresentano. Decisivo, per Klein, uno sforzo ancora più intenso per spiegare alla società occidentale ad ogni livello che il Cristianesimo deriva dall’ebraismo e che quindi “ogni attacco alla vita ebraica è un attacco a ognuno di noi”. Ma l’antisemitismo, come ormai acclarato, non si nutre solo di pregiudizi millenari della cultura dominante in Europa. È anche, tra le varie casistiche, il prodotto del rifiuto dell’esistenza di Israele, del suo diritto ad essere Stato ebraico spesso mascherato da antisionismo. Come ricorda anche la definizione di antisemitismo dell’IHRA che il Consiglio UCEI, all’unanimità, ha invitato ogni governo a far propria in una storica votazione dello scorso dicembre. Un modello cui far riferimento, secondo Klein, che ha esortato a perseverare nel lavoro di sensibilizzazione di classe politica, magistratura e mondo della scuola sul tema dell’odio. “Non bisogna aver paura di denunciare e non bisogna smettere di informare e accrescere consapevolezza. Non sono sufficienti gli incontri e i dibattiti, è necessario affermare con forza anche alcuni presidi giuridici” il suo messaggio, condiviso dagli altri relatori.
Diverse le forme di antisemitismo passate in rassegna dalla presidente UCEI: da quello di matrice cattolica alle pulsioni dell’estrema sinistra, da quello portato avanti da alcune forze politiche populiste ad ambienti islamici che si fanno sempre più ostili. “La nuova forma di indifferenza è oggi nel digitale, sui social network, dove in tanti assistono a manifestazioni di odio in modo passivo” ha affermato Di Segni. Anche per questo, dopo aver menzionato alcune iniziative intraprese con gli organi competenti, Di Segni ha detto che “è necessario proseguire nell’opera di formazione, nel campo della scuola, dove lo sforzo è particolarmente intenso, ma anche con i vertici della magistratura e il sistema dell’informazione”. Il tutto con l’obiettivo di rafforzare, attraverso una maggiore consapevolezza della minaccia, “cultura e convivenza”. Per quanto riguarda i rapporti con l’attuale governo, la presidente dell’Unione ha ravvisato una difficoltà a farsi comprendere su alcuni temi anche se, ha aggiunto, “nel concreto i progetti precedentemente avviati non stati ritirati”.
“In Italia – secondo l’ambasciatore De Bernardin – c’è la tendenza a vedere l’antisemitismo come un fatto folkloristico del passato”. Una sostanziale miopia sul presente, quindi, “che rende ancor più importante la definizione dell’IHRA”. Basandosi anche sui dati raccolti dal CDEC, l’ambasciatore ha parlato di “evidente crescita di episodi antisemiti, specie sul web”. Queste, per il rappresentante IHRA, le sfide principali da affrontare: una narrativa distorta “ancor più insidiosa del negazionismo”; la tendenza a sdoganare e banalizzare; il tema sempre attuale dell’indifferenza; e l’under reporting, e cioè una denuncia di fatti antisemiti “di molto inferiore al dato effettivo”.
Concordi tutti i relatori sul fatto che, oltre allo sforzo repressivo, sia necessario implementare un lavoro sul piano culturale e formativo. Come testimoniato dal Meis stesso, istituito per raccontare millenni di presenza e contributo ebraico con l’obiettivo di smontare radicati pregiudizi. Lo fa anche in questi mesi, ha ricordato Della Seta, attraverso la mostra “Il Rinascimento parla ebraico” che porta al centro una testimonianza viva del rancore e dell’ostilità alimentate per secoli, a Trento e non solo, nel nome del piccolo Simonino. Un museo e un polo di aggregazione il Meis che, ha sottolineato la sua direttrice, sta ampliando giorno dopo giorno il proprio raggio d’azione. Lo provano tra le altre due riuscite presentazioni, negli scorsi giorni, a Berlino e Parigi.
“L’antisemitismo è un virus che esiste, che è tra noi. Il vero tema è se esistano o meno gli anticorpi per contrastarlo” la riflessione dell’ambasciatore Elbling. “La cosa prioritaria è che lo Stato abbia una posizione chiara. Il concetto di fondo è uno: non si può essere tolleranti con gli intolleranti”.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
Da Berlino chiarezza e determinazione
È solo al momento di salutarsi, alla fine di una lunga chiacchierata in inglese, che l’ambasciatore Felix Klein passa all’italiano. Dal 2 maggio è il Commissario per la lotta all’antisemitismo del governo tedesco, in forze al Ministero degli Interni. Una posizione creata ex novo in risposta all’intensificarsi di episodi preoccupanti e per gestire la necessità di intervenire in maniera centralizzata e coordinata, a livello federale.
Spiega di non aver imparato l’italiano durante il periodo trascorso a Milano come vice console generale bensì molti anni prima quando, quindicenne, ottenne una borsa di studio per la sede di Duino del prestigioso Collegio del Mondo Unito (UWC). Ha trascorso vicino a Trieste gli ultimi due anni di scuola superiore, conseguendovi il Baccalaureato internazionale, per molti studenti dell’UWC primo passo verso una carriera prestigiosa. Negli stessi anni vi studiavano l’influente giornalista austriaca Cornelia Vospernik e l’attuale Ministro degli Esteri canadese, Chrystia Freeland. Marc Sylvester, allora direttore degli studi, lo ricorda bene: “È stato un ottimo studente, che contribuiva positivamente sia in ambito accademico che nelle attività culturali e di volontariato della nostra istituzione”. A Duino è tornato anche l’estate scorsa, per una riunione di ex alunni ma, ribadisce ridendo, “è stato un periodo talmente bello che colgo al volo qualsiasi scusa mi permetta di tornarvi”.
Lo stesso entusiasmo lo mette nel raccontarsi: “Sono stato travolto dall’interesse suscitato dal mio nuovo ruolo. Sicuramente dipende anche dalla novità della posizione, che non era mai esistita in Germania a livello federale, ma l’attenzione che mi vie- ne dedicata mi ha davvero sorpreso”. È responsabile innanzitutto di coordinare le tante iniziative contro l’antisemitismo già esistenti nel Paese, ed “è una cosa importantissima, il risultato quando si coopera è sempre superiore alla somma delle parti”. È stato subito invitato a un incontro con i massimi rappresentanti della CDU, l’Unione Cristiano-Democratica. “È un partito importante, e stiamo già sviluppando dei progetti insieme, a partire dall’organizzazione di un forum. Stiamo lavorando a una Action Week, una settimana intera, da uno shabbat all’altro, in cui coinvolgere rappresentanti politici e gente comune”. Un progetto della CDU destinato a rendere la vita ebraica più visibile in Germania, ha spiegato Angela Merkel presentandolo in quanto leader del partito, non in veste di Cancelliera. “Von Schabbat zu Schabbat” prevede che i membri del partito partecipino alle attività delle comunità ebraiche, si allenino con il Maccabi, diano segni concreti di presenza e vicinanza. “Non sarebbe male se questa iniziativa del CDU scatenasse un po’ di sana competizione – suggerisce Klein – spero che anche gli altri partiti politici prendano presto posizione molto apertamente con iniziative simili”.
Il suo atteggiamento positivo è così contagioso da far quasi dimenticare che il fatto che il governo tedesco abbia sentito la necessità di creare il ruolo che ricopre non sia esattamente una buona notizia. Ma neppure chiedere se ci sono state reazioni negative alla sua nomina riesce a scalfirne la visione ottimista: “Qualche mail negativa da aree di estrema destra, mi è arrivata, certo, ma erano poca roba, e poi hanno solo rafforzato la mia convinzione: mi è stato affidato un compito importante, e necessario”.
Ritiene necessario anche impegnarsi subito per la creazione di un sistema di monitoraggio degli episodi di antisemitismo, con attenzione particolare a quelli che non vengono denunciati: “A Berlino esiste già, è un sistema ottimo e intendo estenderlo a tutta la Germania. Ci sono episodi che pur essendo classificabili come antisemitismo non sono ancora reati, ed è anche su di essi che bisogna lavorare. È importantissimo agire subito, insieme e con forza, e impedire che idee simili si diffondano nell’opinione pubblica e diventino mainstream. È un processo strisciante, di cui si vedono già i segni, ed è forse la cosa che mi preoccupa di più”.
Suoi omologhi sono al lavoro in Bulgaria, nel Regno Unito e in Francia, e insieme all’ambasciatore De Bernardin, attuale Chair dell’International Holocaust Remembrance Alliance sta cercando di portare anche l’Italia a fare una simile nomina: “Nel 2018 hanno presidenza italiana sia l’IHRA, l’International Holocaust Remembrance Alliance che l’OSCE, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, non potrebbe esserci momento migliore”. Sottolinea che in Germania non esiste correlazione fra le recenti ondate migratorie e l’aumento di atti antisemiti: “È vero però che si tratta di una sfida nuova, i nuovi immigrati spesso vengono da paesi in cui l’antisemitismo è radicato ed è nostro compito chiarire subito che si tratta di un sentimento inaccettabile. Abbiamo bisogno di strumenti che ci aiutino a gestire questo processo, e l’educazione è la prima scelta. Un’adeguata preparazione seguita da una visita ai campi di sterminio, per esempio, dove abbiamo visto che i musulmani sono toccati da quello che vedono esattamente come chiunque altro, e un ulteriore percorso di approfondimento dopo la visita. Sappiamo che funziona, ma non credo debba diventare un passaggio obbligatorio, come è stato suggerito da più parti. Deve invece essere parte di una strategia complessiva che coinvolga tutti. E le aggressioni antisemite è vero che nel 2017 sono aumentate leggermente rispetto al 2016, ma sono molte meno che nel 2014”. Crescono invece i casi di antisemitismo online, una tendenza che segue quella di tutti i tipi di hate crime che avvengono in rete, ma anche su questo Klein ha le idee chiare: “Abbiamo una legislazione molto rigorosa, in Germania, che prevede responsabilità e multe pesanti per le aziende che non intervengono subito ed efficacemente per fermare chi diffonde l’odio. Si arriva ai 50 milioni di euro, è un deterrente notevole anche per i colossi di internet, e sta funzionando, nonostante tutte le critiche”. Il suo obiettivo è portare tutta l’Europa ad adottare leggi simili.
“Secondo me – dice – è molto chiaro, e mi pare anche molto semplice: quello che non è permesso nel mondo reale non dovrebbe essere permesso neppure online”.
Ada Treves – Dossier “Antisemitismo” (Pagine Ebraiche giugno 2018)
(15 maggio 2019)