Il video di Palermo
Quando ho scritto sul caso della scuola di Palermo la settimana scorsa mi ero premurata di premettere che non avevo ancora avuto la possibilità di vedere il video incriminato. Da venerdì scorso, invece il video è disponibile on line e bastano pochissimi secondi per trovarlo. Eppure è incredibile come molti tra coloro che ne discutono da una settimana a questa parte, favorevoli e contrari, non sembrino essersi dati la pena di guardarlo. E, diciamolo sinceramente, questa corsa del mondo degli adulti a sproloquiare su un argomento senza conoscerlo non è certo un bell’esempio per i giovani. Dunque mi permetto una breve analisi del video che consenta qualche ulteriore riflessione.
Si inizia con una sorta di premessa: “Drammaticamente la storia si ripete e ciò che è successo ieri potrebbe essere ciò che accadrà domani”; mi pare significativo rilevare che si parla di domani, non di oggi, quindi non si tratta di un accostamento, casomai di una preoccupazione. Dopo una citazione da Emily Dickinson sulla storia, si arriva alle slide contenenti il confronto vero e proprio, che avviene elencando (a mio parere con un buon livello di precisione per un lavoro scolastico) una serie di fatti relativi agli anni ’30 e ’40 semplicemente giustapposti a fatti di oggi, illustrati con altrettanta precisione. Il paragone è insito nell’accostamento, ma non viene mai esplicitato.
Si inizia, come ormai è noto, confrontando le leggi razziste da una parte e il decreto sicurezza dall’altra, poi si passa alla conferenza di Evian del 1938 convocata per discutere il problema dei profughi ebrei e che finì con un nulla di fatto accostata alle discussioni sull’accoglienza nell’Unione Europea di oggi. Segue l’unica slide che io considero veramente inaccettabile: quella in cui si giustappongono la retata del ghetto di Roma del 1943 e le deportazioni degli ebrei e lo sgombero del Cara di Castelnuovo di Porto quando “i migranti sono messi sui pullman e non conoscono nemmeno la destinazione a cui sono diretti”. È soprattutto a causa di questa slide che non ho voluto firmare le lettere di solidarietà alla professoressa che contenevano anche un elogio incondizionato del video. Segue la storia del transatlantico St Louis affiancata a quella della Sea Watch 3. Si passa poi all’accostamento tra il censimento degli ebrei nel 1938 e quello dei rom che era stato proposto nel 2018. Dopo un’altra slide non felicissima con Auschwitz accanto a un articolo di Avvenire che parla di “catene e torture per i migranti in Libia” si arriva alla conclusione: “Ma allora che significa celebrare un Giorno della Memoria? Significa impegnarsi contro quello che succede oggi, e non lasciarsi manipolare da una politica nazionalista e xenofoba che rischia di ripetere gli errori di allora.”
Dunque qual è la mia opinione generale sul video? Certamente non è inattaccabile, e in due o tre punti suscita qualche legittima perplessità. Certamente la foto di Salvini non aiuta a dare un’impressione di obiettività. Detto questo, però, devo anche dire che il resto del video mi sembra dignitoso, ed è anche una buona cosa che siano stati studiati fatti relativamente poco conosciuti (per lo meno nel mondo della scuola) quali la conferenza di Evian, la travagliata vicenda della nave St Louis o il censimento del 1938; fatti specifici, insomma, che sono stati accostati all’attualità sulla base di somiglianze per alcuni aspetti specifici. Fino a che punto queste somiglianze sono significative? Forse la risposta sarà possibile solo in futuro, quando saranno note le conseguenze delle politiche di oggi sui migranti. Vorrei comunque osservare che accostare elementi specifici di un insieme non significa necessariamente accostare tutto l’insieme. E in alcuni casi i fatti specifici sono oggettivamente confrontabili.
In conclusione vorrei ribadire che solo chi conosce molto superficialmente il mondo della scuola può pensare che una censura così grave per un lavoro come quello possa portare ad un miglioramento nel modo in cui la Shoah viene presentata oggi nella scuola italiana. Temo, viceversa, che la maggior parte dei dirigenti scolastici e degli insegnanti sia giunta alla conclusione che la memoria è un argomento pericoloso, che porta problemi e grane, e che tutto sommato convenga lasciarlo perdere.
Anna Segre, insegnante
(24 maggio 2019)