Bologna – Nel segno di Amos Oz
L’affetto e il legame del pubblico internazionale per Amos Oz continua ad essere forte, anche dopo la sua scomparsa. Un segno evidente di come le sue parole siano ancora vive. Lo ha ricordato negli scorsi giorni la figlia del grande scrittore israeliano, Fania Oz-Salzberger, protagonista di un partecipato incontro bolognese in occasione del Festival Mens-a, rassegna itinerante dedicata al pensiero ospitale e cosmopolitismo. “Il dolore per la morte di mio padre, nonostante il passare del tempo e tutto l’affetto che ricevo dalla gente di tutto il mondo, non si attenua, anzi si acuisce, tanto che incontrare il pubblico italiano come anche quello cinese o tedesco, che mantiene viva la memoria di mio padre, è una sorta di consolazione per la tristezza che sento”, le parole di Oz-Salzberger, intervistata sul palco da Sarah Kaminski, docente di ebraico all’Università di Torino e traduttrice. Dall’esperienza di crescere nel kibbutz fino alle opinioni politiche e le questioni sull’identità ebraica e democratica dello Stato di Israele, diversi i temi toccati nel corso della serata frutto del lavoro della psicanalista Beatrice Balsamo, ideatrice di Mens-a, in collaborazione con il Museo Ebraico di Bologna (nell’immagine, Fania Oz-Salzberger in visita al museo bolognese). Docente di storia delle idee all’università di Haifa, Oz-Salzeberger ha parlato dell’aspirazione di vivere in pace in Medio Oriente e del sostegno, condiviso con il padre, per l’opzione politica di due Stati per due popoli. La storica e scrittrice ha raccontato poi delle innumerevoli discussioni con il padre su ogni argomento possibile. Discussioni che hanno portato a una collaborazione molto apprezzata da pubblico critica, ovvero la scrittura a quattro mani del libro, Le parole e gli ebrei, scritto prima in inglese e poi diventato un best seller mondiale. Ad affiancare la conversazione tra l’autrice israeliana e la professoressa Kaminski, la lettura di alcuni brani di Amos Oz da parte dell’attore Alessio Vassallo.
A chiudere l’incontro, il ricordo di Fania di una breve parabola che piaceva molto al padre: “possiamo concentrare tutto l’insegnamento etico dei grandi filosofi o perfino il decalogo biblico in una sola e semplice mitzvah, ovvero, non ferire e non fare del male al nostro prossimo”.
Nel suo passaggio bolognese, Oz-Salzeberger ha inoltre ricordato un legame particolare con la città. “Ho una storia personale qui: mio suocero Maccabi Salzberger si trasferì da Gerusalemme a Bologna per studiare medicina nel 1946. Ma il suo lavoro segreto era quello di portare i sopravvissuti alla Shoah sulle navi illegali che li portavano in Terra d’Israele”.