Credere nella democrazia

Si è già fatto cenno in questo notiziario alla recente serata torinese di presentazione del libro Neofascismi di Claudio Vercelli. Al di là dell’analisi puntuale (e purtroppo assai preoccupante) del fenomeno, la serata ha offerto anche altri spunti di riflessione su cui vorrei soffermarmi che vanno oltre il tema dei neofascismi e mettono in evidenza una più generale difficoltà che sta incontrando la democrazia in questo momento storico.
Per esempio, è stato detto, assistiamo a una generale insofferenza per le fatiche che il pluralismo comporta: oggi, come ha osservato l’on. Andrea Giorgis, in Parlamento non c’è la disponibilità ad ascoltare, mediare e cercare compromessi, anzi, cedere di un millimetro rispetto alle proprie posizioni è considerato un atto di debolezza. Dunque i parlamenti non sono più percepiti come luoghi di mediazione, di argomentazione, ma solo come casse di risonanza per i propri slogan. Questo quadro piuttosto desolante mi ha fatto tornare in mente per contrasto i racconti di ex parlamentari che quando insegnavo alla scuola ebraica avevo invitato perché raccontassero ai ragazzi la loro esperienza: tutti avevano sottolineato il clima positivo di confronto e dialogo con esponenti di altri partiti, anche ideologicamente molto lontani, soprattutto all’interno delle commissioni (ricordo in particolare Giorgina Arian Levi che aveva narrato diffusamente la sua esperienza nella Commissione Istruzione).
Per troppo tempo – ha aggiunto l’on. Giorgis – si è rinunciato a esplicitare le ragioni della democrazia e del pluralismo. I partiti talvolta evitano di comunicare le proprie idee per paura che risultino impopolari, e dunque anziché illustrare e argomentare le proprie opinioni ci si limita a ribadire quelle che si ritiene siano le opinioni degli elettori; ma questo in pratica significa rinunciare alla democrazia. Invece – ha concluso – non è inutile discutere e spiegare, non si può rinunciare a scommettere sulla possibilità di convincere. Questa nota positiva (e ce n’era davvero bisogno dopo più di due ore di informazioni e riflessioni l’una più preoccupante dell’altra) non riguarda naturalmente solo il Parlamento, ma molti altri ambiti, dalle scuole ai luoghi di lavoro, e certamente si può applicare alle nostre Comunità e all’Unione: non farsi spaventare di fronte alle fatiche del pluralismo, non rinunciare a esprimere le nostre opinioni anche quando si ritiene che siano impopolari ma al contempo essere disponibili a mediare e a cercare compromessi; e soprattutto non smettere mai di credere nel dialogo. Insegnamenti che devono essere alla base di qualunque democrazia e al contempo profondamente ebraici.

Anna Segre

(7 giugno 2019)