1938, la ferita da ricordare

L’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane nell’anno trascorso e nel 2019 ha collaborato con molte istituzioni ed enti operanti nella società italiana e soprattutto nel mondo della giustizia per far prevalere un principio fondamentale: le leggi antiebraiche hanno coinvolto i cittadini ebrei in quanti tali usurpando loro ogni diritto, ma è l’intera società italiana a doversi far carico di ricordare una tra le pagine più aberranti e vergognose del Novecento, quella appunto delle leggi razziste.
Le leggi antiebraiche del 38 furono preparate da un’abile propaganda, ma la loro promulgazione lasciò increduli e impreparati. L’anno successivo, la legge n. 1054 del 29 giugno 1939 sulla “Disciplina dell’esercizio delle professioni da parte dei cittadini di razza ebraica” colpì tutte le professioni, umiliando gli avvocati italiani e introducendo il confine intollerabile tra discriminazione e non discriminazione.
Bene ha scritto nella prefazione al volume Razza e Ingiustizia Andrea Mascherin, Presidente del Consiglio Nazionale Forense: “L’ingiustizia diventò diritto. E gli avvocati ne furono subito consapevoli ‘perché noi – lo scrive Piero Calamandrei – a differenza di tante altre professioni non abbiamo mai trovato nel nostro quotidiano lavoro il pretesto per distrarci dalla realtà politica ma abbiamo incontrato nel maneggio delle leggi la conferma esasperante della nostra vergogna’. Certo non mancarono gli opportunisti, e i giuristi che cedettero ad atteggiamenti supini; e furono tanti, avvocati e giudici, a studiare e applicare leggi di cui sentivano ‘il ribrezzo perché – sempre secondo Calamandrei – a poco a poco nella nostra legislazione si introduceva la peste totalitaria annientatrice di ogni forma di legalità'”.
Come ha sottolineato Carlo Brusco, già presidente di sezione della Corte di Cassazione, nel suo studio “La cultura giuridica e le leggi razziali: avvocati e giudici ebrei. La giurisprudenza in materia razziale” pubblicato su QuestioneGiustizia del dicembre 2008:
“Tutti i settori della cultura furono interessati allo stravolgimento che il regime fascista portò in ogni campo della conoscenza e delle professioni, ma il settore di cui facevano parte gli studiosi più in grado di avvertire i termini devastanti delle leggi antiebraiche era quello giuridico: i giuristi erano in grado di comprendere appieno lo stravolgimento dei principi liberali accolti in quello che costituiva il testo fondamentale della convivenza civile degli italiani: lo Statuto albertino del 1848 che aveva costituito l’inizio del processo di riunificazione dell’Italia.
Anche per gli avvocati il processo di restrizione dei margini di libertà, iniziato nel 1926, fu graduale e fu posto in atto, attraverso la revisione degli albi, un processo di epurazione che condusse alla cancellazione dagli albi di professionisti sgraditi al regime. Già nel 1926 erano state attribuite importanti funzioni, svolte in precedenza dai consigli dell’ordine, al nuovo sindacato fascista degli avvocati; nel 1933 furono soppressi e tutte le loro competenze furono attribuite al sindacato fascista che in pochi anni divenne una sorta di organo pubblico al quale erano attribuite funzioni istituzionali, che godeva di poteri idonei a incidere pesantemente sull’attività degli avvocati.
Quando, nel 1938, intervengono i primi provvedimenti razzisti il terreno è già pronto per la loro applicazione, contro la quale l’avvocatura non aveva mezzi per reagire. È però da rilevare che gli organismi fascisti degli avvocati anticiparono gli orientamenti normativi che solo nel 1939 saranno attuati nei confronti degli avvocati ebrei. In una riunione, tenuta il 13 ottobre 1938, del direttorio nazionale del sindacato nazionale fascista avvocati e procuratori, il presidente Vecchini “prospetta la possibilità che, sulla base dei principi razziali, non si dia luogo alla ammissione di ebrei negli albi”; non risulta all’epoca adottato alcun provvedimento ma la proposta è significativa dell’aria che tirava tra gli avvocati fascisti
Nei confronti dell’esercizio della professione da parte degli avvocati ebrei il colpo di grazia verrà assestato l’anno successivo con l’entrata in vigore della legge 29 giugno 1939 n. 1054: il regime interviene vietando agli ebrei l’esercizio della professione di avvocato, procuratore e patrocinatore legale. Gli avvocati ebrei potevano continuare ad esercitare la loro professione solo a favore di clienti ebrei purché venissero iscritti in “elenchi speciali”. Questo divieto non valeva per coloro che avessero ottenuto la cd. “discriminazione” consistente nella mancata parziale applicazione delle norme antiebraiche prevista per i familiari di caduti nelle varie guerre e “per la causa fascista”; per i mutilati e invalidi di guerra; per i combattenti delle medesime guerre che abbiano conseguito almeno la croce al merito di guerra; per i mutilati, invalidi e feriti della guerra.
I giudici ebrei in servizio, alla data dell’entrata in vigore del r.d.l. 17 novembre 1938, n. 1728, rientravano ovviamente nella previsione dell’art. 13 che vietava, tra l’altro, che le amministrazioni civili dello Stato potessero avere alle proprie dipendenze persone appartenenti alla razza ebraica”.
Una pagina dunque da ricordare oggi perché nulla di simile accada mai più.

Giulio Disegni, vicepresidente UCEI

(Nell’immagine un momento del convegno “Le leggi razziali e l’esclusione dalla professione legale degli avvocati ebrei a Milano” in svolgimento nell’aula magna del Palazzo di Giustizia del capoluogo lombardo. Ad intervenire tra gli altri la Presidente della Corte d’Appello Marina Tavassi, il Presidente del Tribunale Roberto Bichi, il Presidente dell’Ordine degli Avvocati Vinicio Nardo, Giovanni Canzio, già Primo Presidente della Corte di Cassazione e della Corte d’Appello di Milano, con un intervento su “Le leggi antiebraiche e il ceto dei giuristi”; Remo Danovi, già Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano, con un intervento su “Gli avvocati di fronte alle leggi razziali tra silenzio e complicità”; la Testimone della Shoah e senatrice a vita Liliana Segre; Giorgio Sacerdoti, Presidente dell’Associazione Italiana Avvocati e Giuristi Ebrei, con una allocuzione. Al termine dell’incontro, nell’Atrio centrale del Palazzo, verrà scoperta una targa commemorativa in ricordo degli avvocati ebrei milanesi cacciati con le leggi razziste).

(11 giugno 2019)