Allegro ma non troppo
Pur avendo registrato l’intera produzione di Theresienstadt, nel 2019 scopro ancora piccoli, inattesi gioielli dell’immensa letteratura musicale prodotta nel noto Campo di internamento e transito costruito da ingegneri italiani e dedicato all’imperatrice Maria Teresa d’Austria.
Due frammenti pianistici di Gideon Klein, pagine liederistiche di Rudolf Karel, versioni alternative di pezzi corali di Rafael Schächter, altri pezzi con accompagnamento organistico di Hugo Löwenthal; un fiume in piena che non accenna a placarsi.
Ma le scoperte più belle si compiono altresì rivisitando le partiture di prima generazione e che, rilette 30 anni dopo, rivelano scorci inediti e impensabili letture; una di queste è la ormai celebre operina per ragazzi Brundibár di Hans Johann Karl Krása.
Nato il 30 novembre 1899 a Praga in una famiglia di ebrei germanofoni assimilati, allievo di Alexandr Zemlinsky e Gerhard von Keussler, nel 1926 la sua Sinfonia per piccola orchestra fu scelta per rappresentare la Cecoslovacchia alla Internationale Gesellschaft für neue Musik di Zurigo; nel 1933 la sua opera Verlobung in Traum vinse il premio di Stato e fu diretta a Praga da George Szell.
A seguito dell’occupazione tedesca della Cecoslovacchia, la sua attività artistica fu circoscritta all’orfanotrofio ebraico di Praga; arrestato nel 1941, il 10 agosto 1942 fu deportato a Theresienstadt, il 16 ottobre 1944 fu trasferito a Birkenau e presumibilmente il giorno dopo condotto alla gasazione.
Nel 1939 Krása presentò Brundibár a un concorso ministeriale ma l’occupazione tedesca annullò lo svolgimento; Krása riorchestrò l’operina a Theresienstadt, alla prima esecuzione del 23 settembre 1943 seguirono numerose repliche, prevalentemente con accompagnamento di harmonium.
La versione di Theresienstadt, oltre a presentare numerose differenze strumentali e di tonalità con la versione di Praga, registra la mancanza di 2 episodi, la Canzoncina del capitano Novak (inserita nella scena 8 del primo atto) e l’episodio strumentale dell’inseguimento a Brundibàr (inserita tra la scena 6 e 8 del secondo atto), l’ultimo dei quali assolutamente necessario all’intreccio dell’opera.
A Theresienstadt il manifesto dell’operina – realizzato da František Zelenka – riporta il titolo Flašinetář Brundibár mentre il manoscritto riporta semplicemente Brundibár, traducibile con “scarafaggio”; il titolo non era ritenuto comunicativo dello spirito dell’operina, perciò si ritenne opportuno anteporne l’appellativo Flašinetář ossia “Il suonatore d’organetto Scarafaggio”.
Occorre riferirsi al significato che a quell’epoca era attribuito al termine “scarafaggio” nel gergo comune; lo scarafaggio era il bullo del quartiere, il guappo con l’aria di ammazzasette che compare in numerosi film muti di Charlie Chaplin, tanto prepotente quanto squattrinato.
Scarafaggio era il soprannome di un bulletto del celebre ciclo americano di cortometraggi Our Gang di Hal Roach (creatore di Stanlio e Ollio) noto in Italia con il titolo di Simpatiche Canaglie e del quale Brundibár richiama il format di quartiere popolato da ragazzi; chi non ricorda il monellaccio George McFarland alias Spanky (nella foto), canaglia per eccellenza?
Non a caso, nel 1960 i Beatles adottarono tale nome giocando con i termini beat e beetles (scarabei).
Nonostante le inevitabili interpretazioni letterarie che portano a identificare il cattivo Brundibár con il Terzo Reich e i ragazzi con il popolo ebraico, l’operina va pienamente inserita nel contesto minimalista provinciale dell’Europa centrale laddove è ben nota la figura del suonatore ambulante d’organetto tronfio e arrogante (talora accompagnato dal giovanotto che gli suona la fisarmonica diatonica) che controlla il suo “territorio” (la piazzetta del paese con scuola, venditori ambulanti, passanti, ecc.); allo stesso tempo, il confronto–scontro dialettico tra Brundibár e i due fratellini Pepíček e Aninka non è immune dal clichè cinematografico dell’epoca che si consuma nel contesto ebraico askenazita e vede sovente musicisti di strada sfidarsi a duelli musicali, il più delle volte con riappacificazione finale in nome della musica e della comune identità ebraica.
Saranno loro, i superstiti di 15.000 ragazzi deportati a Theresienstadt, scampati a inedia, malattie infettive e trasferimenti a Birkenau con le loro madri che nel marzo 1945 a Theresienstadt allestiranno lo spettacolo Broučci ispirato al libro per bambini del sacerdote Jan Karafiát.
Come disse Giacobbe a suo fratello Esaù, “mi muoverò al passo dei ragazzi, non possiamo far altro che andare al loro passo” (Genesi 33:14); scomparsi gli adulti condotti a gasazione sino a ottobre 1944, furono i ragazzi di Theresienstadt a scandire la storia.
A tempo di musica, allegro ma non troppo.
Francesco Lotoro