L’anno che verrà
E se, parafrasando nel titolo Lucio Dalla, provassimo ad anticipare le condizioni politiche e sociali in cui ci troveremo – rebus sic stantibus, cioè con la continuità politica di questo governo e dei suoi personaggi emergenti – nello spazio di qualche mese, diciamo di un anno? Corriamo il rischio, certo, di essere clamorosamente smentiti e che le cose vadano esattamente all’opposto; ma conoscendo ormai i nostri polli, cioè i politici che guidano la baracca, e senza avventurarsi in predizioni troppo precise è forse possibile intravedere percorsi realisticamente prefigurabili. Potrebbe significare essere un po’ più preparati a quanto ci attende e quindi pronti ad atteggiamenti di risposta, a contromosse utili, se non altro per salvare identità, convinzioni morali e civili, rispetto per il mondo e per noi stessi.
Prima domanda: che sarà di questo governo? Dopo le elezioni europee di fine maggio e il trionfo della Lega, sembrava che avesse i giorni contati. Salvini però non pare per il momento intenzionato ad andare all’incasso: continua a salire nei sondaggi e ormai sfiora il 40%, ma – da abile animale politico quale è – piuttosto che monetizzare rischiando le incognite di altri possibili partner, preferisce esercitare un dominio non parlamentare ma effettivo sui consunti Cinquestelle e su un Conte che prova (con Tria e pochi altri) a dare credibilità all’esecutivo. Visto che le cose gli vanno bene e neppure gli equivoci legami del suo partito con la Russia di Putin sembrano incrinarne il successo, è probabile che il “Capitano” vada avanti così almeno sino all’autunno. Con la nuova legge di bilancio alle porte e la nuova verifica da affrontare con l’Unione Europea dopo la recente e benevola sospensione del giudizio, può darsi che si risolva a disfarsi dei partner (i quali difficilmente recupereranno consensi) e a tentare l’avventura di un governo apertamente di destra, con l’appoggio di Fratelli d’Italia ed eventualmente di quel che resta di Forza Italia. Ma se la situazione europea potrà essere controllata senza spostamenti di rilievo, è anche probabile che tutto resti come adesso.
Seconda domanda: le sorti del governo cambieranno qualcosa nel panorama politico complessivo? Comunque vada – vecchio o nuovo governo, elezioni politiche o no – non credo siano prevedibili sostanziali mutamenti di rotta nel percorso populistico entro il quale siamo ormai da tempo avviati. Continuerà dunque, e si amplierà, la realizzazione della “democrazia illiberale” nella quale siamo immersi da mesi: quella controllata dai leaders e vincolata di fatto alle masse demagogicamente manovrate, non alle maggioranze diversificate e qualificate, non alle assemblee rappresentative; quella sempre più dipendente dai consensi dei social media; quella che si rifiuta di applicare il dettato costituzionale e non si cura di garantire i diritti delle minoranze; quella che si inebria della forza del numero senza distinguere tra organismi e tipologie elettorali differenti legate a strutture diverse (elezioni europee, nazionali, regionali, comunali). Si soffermava su questa perdita di carattere specifico della democrazia in Italia un magistrale articolo di Sabino Cassese pubblicato recentemente sul “Corriere della Sera” (“Una democrazia moderna non può che essere liberale”, 9 luglio 2019): una vera e propria lezione politico-giuridica di democrazia indirizzata all’attuale trionfatore delle nostre scene politiche; un’analisi che temo fortemente resterà lettera morta.
Terza domanda: quale influenza avranno questa continuità politica e questa espansione del populismo dominante sul clima sociale in cui siamo immersi? Non faranno che rafforzare l’aggressività già così diffusa nei confronti di chi non accetta di uniformarsi, di chi non esalta i vertici, di chi non rinuncia alla sua indipendenza di giudizio. L’atmosfera si incattivirà, certamente: trionferà l’odio digitale stile “fast thought” di cui parla Enzo Campelli su “Pagine Ebraiche” di giugno; per tutti, sempre più, penserà il capo. Intanto l’indifferenza per chi – spesso profugo da mille difficili peripezie – soffre senza alcuna prospettiva davanti a sé si espanderà sino a divenire la norma. Latiteranno sempre più senso etico e impegno civico. O meglio, a questa dilatazione dell’egoismo risponderà – per fortuna – lo zoccolo duro di una minoranza in forte e giusta opposizione morale, col risultato di una radicale (e potenzialmente pericolosa) divisione tra i cittadini.
L’anno che verrà, insomma, non si presenta né piacevole né facile, affidando al nostro impegno un gigantesco “Che fare?”. Sui propositi di utile risposta ci soffermeremo prossimamente.
David Sorani
(16 luglio 2019)