Pio XII e “l’amico ebreo”
Un articolo/recensione apparso sulle pagine di Famiglia Cristiana di questa settimana ripropone la questione di Pio XII amico degli ebrei, nella prospettiva dichiarata di una conclusione positiva della causa di canonizzazione. Non è nostro compito addentrarci in quel contesto, come è ovvio, ma è comunque il caso di guardare in maniera allarmata alla modalità con cui un settimanale così diffuso e influente affronta la questione. Il testo dichiara di voler presentare un “esclusivo” documento storico che riabiliterebbe la figura di Eugenio Pacelli, del quale si scrive sia “ancora perseguitato dal sospetto di non aver contrastato i misfatti del regime fascista”. Offrire spunti di riflessione storica al grande pubblico con intento divulgativo è sempre un’iniziativa lodevole e da premiare. Manipolare i documenti contestualizzandoli in maniera errata è invece un’azione sbagliata. L’articolo recensisce il volume di Livio Spinelli, Il sionismo in Italia e nella politica estera fascista, presentandolo equivocamente come nuovo, mentre è del 2013. Non ne parla, tuttavia, ma si concentra solo su un capitolo che è dedicato all’amicizia del giovane Eugenio Pacelli con Guido Aronne Mendes al liceo Visconti di Roma. Questa conoscenza adolescenziale avrebbe poi condotto il cardinale Pacelli a favorire nel 1939 l’espatrio in Palestina di Mendes. Da questa vicenda – arricchita da poche altre indicazioni relative all’attività di Mendes come ideatore della scuola di marina del Betàr a Civitavecchia – la giornalista conduce il lettore a contestare il rallentamento della causa di canonizzazione, che evidentemente si addebita al fatto che Pio XII sarebbe “etichettato come antisemita”. Si tratta dell’ultimo di una ricca serie di episodi di utilizzo poco accorto della fonte storiografica e della cronologia, a cui si aggiunge un classico uso di uno stereotipo della retorica antiebraica del quale si farebbe volentieri a meno. Ricorrere allo schema “ma io ho tanti amici ebrei”, oppure nella versione più moderna “ma io sono amico di Israele” è il segno classico utilizzato da chi fa poi seguire accuse più o meno velate al mondo ebraico relative a qualche misfatto. In questo caso, poi, la confusione dei piani è assoluta. Proviamo a fare chiarezza, anche a beneficio della giornalista e della direzione di Famiglia Cristiana. 1) La causa di canonizzazione segue dei percorsi che (ci si augura) non siano politici ma solo religiosi, fondati sul reperimento di prove certe attinenti l’esistenza di miracoli. Si tratta cioè di un percorso interamente interno alla fede. 2) La ricca letteratura storiografica che discute la figura di Eugenio Pacelli nella sua veste di pontefice, ragionando sul suo ruolo e sul comportamento da lui assunto durante il secondo conflitto mondiale e in particolare a fronte dello sterminio degli ebrei, non si basa su accuse di antisemitismo, ma sulla valutazione degli atti concreti e ufficiali che la Chiesa di Roma adottò a fronte di quegli eventi. 3) La rappresentazione pubblica di Pio XII in collezioni museali che si occupano di Shoah non ha nulla a che vedere con le amicizie private del giovane liceale Eugenio Pacelli. La storia non è un contenitore nel quale si possono mescolare a gradimento diversi ingredienti (documenti presi a caso e senza criterio) per farne una marmellata gustosa al nostro palato. Chi fa storia deve rispettare dei criteri certi. Magari evitando di reiterare, nel caso si tratti di ebrei, il vecchio e frusto ritornello dell’”amico ebreo”, che nulla cambia quando si tratta di valutare le tristi vicende della persecuzione antiebraica.
Gadi Luzzatto Voghera, Direttore Fondazione CDEC