In ascolto – Klezmer a Safed
Dal 12 al 14 agosto si terrà a Safed la 32esima edizione del celebre Festival klezmer, che anima di musica le notti della bella cittadina culla della mistica. Safed ha un centro storico pittoresco ed è attraversata da un dedalo di viuzze ciottolate, su cui si affacciano le casette bianche ombreggiate dai tralci di vite e impreziosite dalle porte turchesi intarsiate. Sono poche le informazioni sulla sua storia antica, ma sappiamo che a seguito dell’espulsione degli ebrei dalla Spagna qui si insediarono molti celebri rabbini e studiosi che diedero vita a una profonda spiritualità, a cui si accompagnò anche una crescita materiale; i nuovi arrivati crearono nuove attività commerciali e iniziarono a esportare con successo i prodotti della Galilea: olio, miele, seta e spezie. Tra i profughi vi era la famiglia Azikri, da cui nascerà il raffinato compositore di poemi liturgici, Elazar ben Moshe, a cui si deve Yedid nefesh, conosciuto anche come canto dell’anima ed espressione importante del movimento della cabala.
Oggi Safed vive di commercio e di turismo; c’è chi la raggiunge perché l’aria di montagna è terapeutica e chi la visita perché affascinato dai tanti musei, scuole, centri di studio di Bibbia e cabala. E c’è chi vi si reca una volta l’anno per ascoltare il klezmer, in strada e in piazza, nella sua forma più tradizionale e legata all’immaginario est europeo, come nel bel libro “Città magica”, di Yehoshuah Bar Yosef, che racconta di come in un tempo assai lontano proprio a Safed si formò uno strano ma assolutamente tipico gruppetto di klezmorim:
“In questo matrimonio a Safed si era già presentato un gruppo di klezmorim: flauto, violino, tamburo e cembali. Questo gruppo di suonatori si era unito per caso. Cinque anni prima a Safed erano giunti Zalman il gobbo, di circa 60 anni, brutta faccia e occhio guercio […] Pregava con entusiasmo e dopo la preghiera era solito suonare una melodia che prendeva il cuore […] Una notte a Safed si udì salire dalle profondità della cantina in cui abitava il gobbo, la voce di un violino, sottile e tersa. Non era trascorsa ancora un’ora che la viuzza scurì per tanta gente. A Safed non si era mai sentita una cosa del genere […] Due anni dopo giunse in città il secondo del gruppo dei suonatori, Noach il flautista. Era alto e magro e malato di tubercolosi […] Dopo il pasto e dopo aver recitato la benedizione sul cibo, lui tirava fuori da sotto il lembo del cappotto consunto il suo flauto e usciva in cortile. E tutti i bambini si radunavano intorno a lui e gli ordinavano questa o quell’altra melodia. E lui, come un bambino ubbidiente, li ascoltava e suonava […]
Il terzo della banda era Genzil il percussionista. Portava con sé un grande tamburo e i cembali che aveva tirato giù con grande frastuono dalla mula del sig. Pini, attirando subito l’attenzione della gente. I tre si incontrarono, casualmente, durante la festa di Purim, prima che scoppiasse l’epidemia. Zalman il gobbo a mezzogiorno era già ubriaco come si deve e uscì con il suo violino nelle viuzze della città, ballando, saltellando e suonando melodie vorticose e allegre. […] Noach uscì con il suo flauto per far divertire i suoi padroni di casa in onore della festa. Genzil uscì con il tamburo e i cembali seguendo la cavalla di Pini, il quale era travestito da Mordechai il pio. […] I tre si incontrarono casualmente in un angolo, ciascuno con il proprio corteo di accompagnatori. Pini tirò fuori la bottiglia di liquore dalla tasca, prese una bella sorsata e sventolò la bottiglia di qua e di là gridando ad alta voce: “Ebrei! Suonatemi tutti voi insieme qualcosa di allegro e un intero Napoleon darò a ognuno di voi!”
(traduzione dall’ebraico di Sarah Kaminski e Maria Teresa Milano)
Consiglio d’ascolto:
Maria Teresa Milano