Un canto per ogni giorno
Numerosi deportati sopravvissuti – ebrei e non – hanno ricordato e consegnato a futura memoria musiche, melodie, canti creati in prigionia e deportazione da altri deportati che perirono o furono uccisi; ciò va al di là della testimonianza storica e del nobile gesto di consegna alla posterità di prezioso materiale musicale che altrimenti sarebbe andato perduto.
Esso è il compimento di una mitzvà allorché intendiamo, nell’uso ebraico della parola, ogni azione tesa a preservare la più piccola scintilla di ebraismo.
Nel Talmud Bavli [TB Sanhedrin 99b] la Torah è definita Zèmer bechòl yom ossia un canto per ogni giorno; non è fuori luogo affermare che, nelle condizioni ambientali e umane più inenarrabili dei Lager, il canto prodotto da uomini e donne abbia espresso il cuore stesso della Toràh.
Oso pensare che chiunque – musicista o meno – sia stato testimone uditivo di un brano vocale, corale e abbia gelosamente conservato nel cuore e nella mente quella musica per consegnarla a beneficio del genere umano, è come se avesse adempiuto alla mitzvà di scrivere un Sèfer Torà per se stesso e per un suo correligionario che non è stato in grado di farlo.
Il violinista ebreo polacco Jerzy [Georg] Rajgrodzki, sopravvissuto a Treblinka, scrisse: “nel Lager i canti servirono a uno scopo per noi rivoluzionario, ci incoraggiavano a continuare la nostra lotta per sopravvivere e trovare la via della salvezza”
I cantori e i musicisti del Secondo Tempio crearono quel ritmo e melos universale che oggi conosciamo come Tango, da ascriversi a tutti gli effetti come patrimonio ebraico insieme al primordiale canto gregoriano (traslazione del canto del Tempio nel repertorio liturgico cristiano) e altro ancora; sopravvissuto a Diaspora, emigrazioni transcontinentali e numerosi tentativi di contraffazione, il Tango è ancora lì sanguigno, intenso, carico di energia e indescrivibili pulsioni.
Come scrisse Viktor Ullmann a Theresienstadt, “il nostro rispetto per l’Arte era parimenti commisurato alla nostra voglia di vivere”; l’Arte è il codice di accesso alla vita che consente di recuperare il passato, salvarlo nel cloud del pensiero umano e instradarlo nel futuro.
Non c’è nulla che possa andar perduto del popolo ebraico.
Francesco Lotoro