Lo sdoganamento a destra
Ne ha già parlato nei giorni scorsi Anna Foa, oltre che ridicola la dicitura «antisemita» alla voce «orientamento religioso» del consigliere comunale leghista di Gorizia Stefano Altinier (quando si dice basta la faccia) preoccupa per la facilità con cui vengono sdoganati ad ogni livello termini impronunciabili solo fino a pochi anni fa. Ancor di più perché questi non sono casi isolati nel fronte dell’ultradestra europea. L’ultima è la candidatura in Brandeburgo di Andreas Kalblitz, le cui simpatie neonaziste vengono relegate dai vertici del suo partito AFD ad «errori di gioventù». In Italia abbiamo rischiato già quest’estate un governo Salvini-Meloni-Casa Pound, che non si è realizzato solo per l’incredibile mossa suicida di Matteo Salvini. La convergenza di forze parlamentari come AFD, Lega e affini non può essere considerata casuale, tante sono le prove di contiguità. Spiace ripeterlo, ma davvero stupisce che parte dell’ebraismo italiano passi sopra questi dati macroscopici sostenendo queste forze in nome della difesa di Israele contro la minaccia islamista. Non bisogna affatto sottovalutare questo passaggio: è qui in atto una sottile operazione culturale, per cui chi nei consessi internazionali mantiene una posizione non contigua ai desiderata di Bibi è antisemita. Non credo occorra su queste pagine ricordare quanto l’antisionismo celi il più insidioso antisemitismo, ma temo che l’equazione stabilita dal Premier israeliano sia alquanto riduttiva e che legittimare i leader politici che in patria strizzano l’occhio con le peggiori pulsioni xenofobe rischi di rivelarsi un terribile boomerang per Israele e gli ebrei tutti. Va bene la realpolitik, ma qui si rischia molto più prosaicamente di essere usati.
Davide Assael
(4 settembre 2019)