Simboli sui muri
Il filosofo Yeshayahu Leibowitz affermava polemicamente che una bandiera non è altro che uno straccio appeso a un bastone. Intendeva in questo modo indicare al lettore la distanza fra un oggetto presentato come simbolo caricato di significati identitari di varia natura e il suo effettivo valore in termini assoluti. Intendeva anche – con ogni evidenza – far presente l’idea che non è per nulla importante affiggere al muro simboli e oggetti indicandoli come esempi sulle cui orme conformarsi, mentre è di certo essenziale riempire di contenuti e di valori condivisi i percorsi culturali e pedagogici che costituiscono la sostanza dell’attività che si svolge in un’aula scolastica o in un tribunale o in un altro luogo pubblico. Non sembra siano in gioco né la laicità né la religiosità di una certa simbologia. Perché una bandiera, come un crocefisso, rimane un oggetto privo di valore se non si mette in grado chi studia nelle scuole o chi frequenta i luoghi dove quegli oggetti campeggiano di studiare e lavorare sulla base di progetti valoriali non divisivi. Il che, tradotto, significa che la laicità della scuola è e rimane un principio assoluto, un cardine della nostra democrazia. Se – al contrario – la polemica politica si concentra sull’oggetto in sé, l’esito è sempre e comunque ridotto a una prospettiva idolatrica, che preferisce guardare alla materialità di quell’oggetto dimenticando di dare valore ai suoi significati simbolici.
Gadi Luzzatto Voghera, Direttore Fondazione CDEC