Halle e la porta che ha resistito all’odio
“È finito Yom Kippur ad Halle in Germania. Siamo sopravvissuti, in salute e con incredibile forza d’animo – grazie a D-o – nonostante qui oggi ci sia stato un attacco terroristico su larga scala. Il terrorista ha iniziato la sua giornata proprio fuori dalle mura della sinagoga in cui stavamo pregando”. È il racconto di Rebecca Blady, ebrea americana, ospite assieme al marito della comunità della cittadina tedesca di Halle per celebrare Kippur e quindi tra i testimoni diretti del drammatico attacco neonazista in cui sono state uccise due persone. In un post sui social network, Blady ha raccontato quegli attimi di paura con l’attentatore respinto all’ingresso della sinagoga. “Non avevamo quasi nessuna informazione su quello che stava succedendo, ma ci siamo chiusi al piano di sopra e nelle camere blindate. Alla fine abbiamo saputo che un uomo con un fucile aveva cercato di entrare nella sinagoga. Ha lottato con un passante. Il passante è stato ucciso. L’uomo armato era stato fermato o comunque gli era stato proibito di entrare nella sinagoga”. Le decine persone riunite nel tempio della piccola cittadina tedesca si sono così salvate ma ancora tanti sono gli interrogativi aperti sulla vicenda. “Siamo venuti qui per legare con una piccola comunità ebraica, per sentire l’energia divina dello Yom Kippur – le parole di Blady – Siamo ancora qui, cercando di dare un senso a quello che è successo e a quello che sta succedendo”. Un attacco che ha portato un “immenso dolore e paura” nell’ebraismo tedesco, afferma in un comunicato il Consiglio degli ebrei di Germania. “Non conosciamo ancora tutti gli aspetti di questo attacco. La sua brutalità va al di là di quanto abbiamo visto in Germania negli ultimi anni ed è assolutamente sconvolgente per ogni ebreo di questo paese. Troviamo scandaloso che la sinagoga non sia stata sorvegliata dalla polizia, soprattutto in un giorno come lo Yom Kippur. Questa negligenza si è ora ritorta contro di noi. In realtà è un miracolo che non ci siano state altre vittime a seguito di questo attacco”.
“All’inizio eravamo scioccati e storditi, non potevamo davvero reagire. – la testimonianza di un’altra delle persone presenti in sinagoga ad Halle, Anastassia Pletoukhina, intervistata dallo Jüdische Allgemeine Zeitung – La guardia di sicurezza ha immediatamente chiamato la polizia. Siamo corsi fino alla cucina della comunità e ci siamo nascosti lì. Nel complesso eravamo circa 70 persone. Poi abbiamo sentito nuovi colpi forti, ancora e ancora. La guardia di sicurezza ha seguito tutto attraverso la telecamera e ci ha tenuto aggiornati. Lui e molti altri uomini, compreso mio marito, hanno poi barricato la porta d’ingresso con sedie, tavoli e altri oggetti nel caso in cui il colpevole avesse superato la porta”. Non c’era nessuna protezione della polizia alla sinagoga?, la domanda del giornalista a Pletoukhina. “No, non c’era e secondo me questo è davvero uno scandalo. In passato, la comunità ha ripetutamente fatto notare alla polizia che le funzioni religiose hanno bisogno di protezione. La risposta è sempre stata: non c’è una minaccia acuta. Inoltre, la nostra guardia di sicurezza non è una guardia di sicurezza addestrata”. Positivo invece il giudizio di Pletoukhina rispetto al modo con cui la polizia è intervenuta, arrivando al tempio. “Sono stati professionali, amichevoli e premurosi. Era ancora Yom Kippur, e siamo dovuti rimanere nella sinagoga per cinque ore per motivi di sicurezza. (I poliziotti) hanno parlato con noi, ci hanno interrogato, hanno esaminato molto attentamente la sinagoga perché temevano che ci fossero esplosivi da qualche parte. Nel frattempo, abbiamo continuato a pregare. Verso le 17:00 siamo stati tutti portati all’ospedale in autobus, accompagnati da dieci auto della polizia. Lì siamo stati esaminati, ascoltati ulteriormente, abbiamo pregato e a un certo punto abbiamo anche suonato lo shofar. È stata una situazione eccezionale con molte – per quanto strano possa sembrare – esperienze positive”.
Daniel Reichel