Antisemiti italiani e voti preziosi
Leggere il testo intero della mozione approvata mercoledì al Senato sull’istituzione di una commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza e razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza contribuisce (se ce ne fosse bisogno) a dimostrare l’inconsistenza delle argomentazioni che sono state sollevate per difendere la scelta dell’astensione. Prima di tutto occorre ricordare che non è stata votata nessuna legge, e men che meno è stato introdotto nel nostro ordinamento un nuovo reato: semplicemente è stata istituita una commissione parlamentare che avrà compiti di osservazione, ricerca, analisi dei fenomeni, controllo dell’attuazione delle convenzioni e degli accordi sovranazionali e internazionali e della legislazione nazionale; certo, la commissione potrà anche formulare proposte e “segnalare agli organi di stampa ed ai gestori dei siti internet casi di fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza”; ma definire tutto ciò una forma di censura mi pare davvero stravolgere la realtà. Tanto più che la commissione sarà composta da rappresentanti di tutti i partiti, e quindi tutti avranno la possibilità di controllarne dall’interno il corretto funzionamento. E anche un voto favorevole all’istituzione della commissione avrebbe potuto essere accompagnato da distinguo, inviti alla prudenza, segnalazione dei rischi di strumentalizzazione, ecc. Insomma, si sarebbe potuto esprimere un sì prudente; invece si è scelta un’astensione che ha il sapore di un no, per di più accompagnata da gesti altamente simbolici quale quello di rimanere seduti mentre l’aula rendeva omaggio alla Senatrice Liliana Segre. Non credo che tutto questo sia accaduto per sbaglio, leggerezza o insipienza politica. Troppo alta la posta in gioco, troppo evidente il clamore che la scelta dell’astensione avrebbe suscitato. Ma a quanto pare le conseguenze negative (prime tra tutte le proteste dell’Ucei e delle Comunità ebraiche) sono state ritenute meno gravi del pericolo di scontentare una parte del proprio elettorato.
Nello stesso pomeriggio in cui la mozione veniva votata, a Torino abbiamo avuto occasione di ascoltare l’intervento di Felix Klein, Commissario speciale responsabile per la lotta all’antisemitismo del Governo Federale Tedesco; tra le altre cose (di cui si è già dato conto in questo notiziario) Klein ha affermato con decisione che l’estremismo di destra è impensabile senza l’antisemitismo perché l’antisemitismo è un elemento essenziale della sua identità. Una verità semplice che qualcuno tende a dimenticare, o forse rifiuta di vedere. Il problema è che in Italia, nella preoccupazione di non perdere voti preziosi (in fin dei conti gli antisemiti sono più degli ebrei, e anche i duecento al giorno che mandano insulti alla Senatrice Segre sono pur sempre elettori), la destra estrema finisce per trascinare con sé anche quella che sulla carta dovrebbe essere più moderata.
Ho trovato inquietanti anche alcune reazioni alla reazioni. Per esempio, l’impegno a favore di Israele è certamente una buona cosa, ma siamo sicuri che sia di per sé una patente di non antisemitismo? A mio parere non c’è nessun automatismo: ci potrebbe essere, per esempio, chi pensa che gli ebrei dovrebbero vivere in Israele e non altrove. Temo che quelli che ragionano così nell’Italia di oggi non siano pochi. Per questo mi preoccupa chi sottolinea il proprio impegno a favore di Israele o dell’ebraismo mondiale anziché parlare degli ebrei italiani. Felix Klein ha ripetuto più volte che gli ebrei sono parte integrante della storia e della cultura tedesca e che la vivacità dell’ebraismo tedesco di oggi è per lui motivo di gioia e orgoglio. Ha anche parlato dei festeggiamenti che si preparano nel 2021 per celebrare i 1700 anni di presenza ebraica in Germania. L’ebraismo italiano è ancora più antico di così, eppure molti dei nostri politici non sembrano interessati a ricordarlo. Forse per non scontentare una parte del proprio elettorato?
Anna Segre