Ticketless – Calcio e folklore
Gli studi folklorici e l’antropologia culturale sono passati di moda. Peccato che il folklore sia ritornato nel limbo o, peggio, manipolato in modo fraudolento. Tornano alla mente figure eminenti che lo hanno studiato: Giuseppe Pitré, Giuseppe Cocchiara, lo stesso Gramsci. Molta Sicilia, ma anche molto di quel Piemonte e Veneto che vorrebbero restituire i piemontesi ai piemontesi e i veneti ai veneti. La cultura popolare era un tempo oggetto di indagine scientifica e da sempre si è osservata la natura conservatrice del mondo contadino, il rapporto contraddittorio con la modernità e con la politica, da ultimo con il fascismo. Penso a ‘Novecento’ di Bertolucci, a certe poesie di Pasolini, non escludo dal mio sguardo il ruolo che ha avuto il folklore, soprattutto musicale, ha avuto negli anni del giovane Stato d’Israele. Ricordo i paragoni storiografici fra mondo contadino francese e il più arretrato (e impolitico, dunque più conservatore) mondo rurale italiano: il mondo dei vinti di Nuto Revelli, prima ancora i canti popolari raccolti dal Nigra. Tutto si potrà dire sull’arretratezza di quel mondo, fuorché pensare che sia il reo antenato di siffatta progenie. Quanta malinconia ascoltare che le massime cariche del calcio nostrano, a Verona, ma non solo, si nascondono dietro il folklore per giustificare i cori razzisti dei loro tifosi nelle curve degli ultras. Quei tifosi dunque dovremmo perdonarli senza che Cocchiara e Pitrée De Martino si rivoltino nelle loro tombe? Calcio e folklore: ecco un tema che si potrebbe affrontare nelle scuole di domani per uscire dalle lacerazioni della memoria, di cui su questo portale ha parlato la settimana scorsa Gadi Luzzatto Voghera. Anna Segre gli ha implicitamente risposto. Il problema di una separazione fra i dcenti esiste, inutile nascondercelo e non da ierie non è solo questione di foibe. Per molti anni le didattiche della memoria sono state recepite come il veicolo di un messaggio elettorale. Nella stragrande maggioranza dei casi non sarà stato così, in qualche caso, cui io stesso ho assistito, le cose sono andate diversamente. Si pensava e ancora oggi si pensa di orientare il voto dei giovani, quando invece si crea un cortocircuito, con gli esiti elettorali che conosciamo e dovrebbero adesso farci riflettere. Una buona pausa di riflessione può venire dall’analisi di casi concreti. Un laboratorio di storia (e di letteratura) sul rapporto fra folklore e politica oppure, perché no, fra calcio e politica potrebbe servire a togliere qualche consenso ai sovranisti. Non sono guai che si risolvono domani mattina, ma una prima inversione di marcia gioverebbe.
Alberto Cavaglion
(13 novembre 2019)