Un ottimismo poco fondato

baldacciQualche giorno fa un quotidiano milanese ha pubblicato i risultati di una ricerca americana sull’antisemitismo nel mondo, dalla quale emergono dati interessanti sui quali torneremo. Il quotidiano, tuttavia, ha nel titolo focalizzato l’attenzione su quanto rilevato in Italia, dove in cinque anni gli antisemiti sarebbero passati dal 29 al 18% dei cittadini, il che autorizzerebbe a parlare, sempre secondo questo quotidiano, di “crollo dell’antisemitismo”.
Credo che si possano legittimamente avanzare dei dubbi su queste conclusioni. Non sulla serietà della ricerca, ma sulla metodologia usata, almeno per quello che emerge dai risultati presentati. Che cosa significa infatti che una persona è “antisemita”? L’antisemitismo è qualcosa che non è facilmente misurabile come la temperatura del corpo umano: non si può mettere nello stesso calderone il neonazista incallito e colui che una volta si è detto infastidito dal troppo frequente riferimento alla memoria della Shoah. Questo infatti sarebbe, secondo la ricerca, uno dei parametri per giudicare il grado di antisemitismo.
In realtà, più che prendere in considerazione il grado di antisemitismo delle persone, sarebbe significativo rilevare i casi di antisemitismo che si registrano in un determinato Paese. Ma anche in questo caso emergono non poche difficoltà. I casi di antisemitismo particolarmente evidenti – come l’attacco a una sinagoga, l’attentato a un centro di cultura ebraica, l’aggressione fisica a uno o più ebrei accompagnata d ingiurie e minacce – sono facilmente rilevabili. Ma come sono rilevabili le ingiurie che vengono “normalmente” rivolte negli stadi, dove la parola “ebreo” è usata come un insulto? E sono da considerare un atto di antisemitismo gli insulti che, ogni anno, il 25 aprile, vengono rivolti a chi, a Milano, sfila sotto le insegne della Brigata Ebraica? E, più in generale, come vanno considerati gli insulti e le fake news che vengono quasi quotidianamente rivolti da singoli o da organizzazioni filopalestinesi? E come è rilevabile l’immenso mare del web, dove insulti e fake news contro gli ebrei e contro Israele costituiscono il pane quotidiano di tanti leoni da tastiera?
Tutto questo per dire che l’ottimismo messo in evidenza dal quotidiano milanese sembra poco fondato e che occorre un approccio apparentemente meno “scientifico” ma probabilmente più attendibile per valutare il grado di antisemitismo presente in un Paese.
Comunque, se per un momento prendiamo per buoni, almeno come linee di tendenza, i risultati della ricerca, ciò che merita di essere rilevato non è tanto il 74% della popolazione del Medio Oriente che nutre sentimenti di ostilità verso il popolo d’Israele; e nemmeno il 48% di polacchi e il 42% di ungheresi, presso i quali la motivazione prevalente sarebbe che gli ebrei indebolirebbero la cultura nazionale favorendo l’immigrazione.
No, il dato che merita di essere messo in evidenza è soprattutto quello del Sudafrica, dove il 47% della popolazione nutrirebbe sentimenti antisemiti. Sempre mantenendo le riserve già espresse, è un dato sul quale porre l’attenzione perché il Sudafrica è un Paese dove il razzismo dovrebbe essere scongiurato. Ma qui emerge un problema, che avevo già segnalato mesi addietro in un articolo su Moked del 24 maggio scorso intitolato non a caso “L’antisemitismo degli antirazzisti”: il rifiuto del razzismo basato sul colore della pelle non vaccina contro il rischio dell’antisemitismo. Infatti il Sudafrica è uno dei Paesi dove più forte e aggressivo è il movimento per il BDS (boicottaggio, disinvestimento, sanzioni, naturalmente contro Israele) e quindi l’odio verso lo Stato ebraico, che si riflette in un’avversione verso gli ebrei tout court.
Sono perciò importanti le iniziative rivolte a combattere, anche in Italia, queste forme insidiose di antisemitismo come le campagne per il BDS, come ha fatto di recente Claudia De Benedetti, organizzando un tour in tre città italiane (Torino, Milano, Livorno) di due Ambasciatori della verità (il rav Carlos Tapiero e il professor Eytan Bilboa, della Maccabi World Union) che hanno puntato la loro attenzione proprio sul BDS. Il fatto che in Italia questo movimento non abbia registrato il successo che ha avuto altrove non significa che si debba abbassare la guardia e cullarci in ingiustificati ottimismi.

Valentino Baldacci

(28 novembre 2019)