Antisemitismo divisivo
“Le pietre d’inciampo sono divisive e rischiano di portare nuovo odio”, così come lo sono la cittadinanza onoraria alla senatrice Segre e il Treno della Memoria. A quanto pare si deduce che per numerose amministrazioni di centro-destra la Shoah è “faziosa” e “ricorda solo qualcuno a discapito di altri”. Se l’antisemitismo che sta risorgendo in Italia proviene prevalentemente da destra, nel Regno Unito l’antisemitismo di cui si sta trattando in questi giorni è un problema della sinistra. Molti ebrei britannici, come ha scritto il rabbino capo Ephraim Mirvis sulle pagine del Time, sarebbero preoccupati per un’eventuale vittoria del Labour di Jeremy Corbyn alle prossime elezioni. Un partito che, come descrive lo stesso Rav Mirvis, è stato per decenni “la casa degli ebrei inglesi”. Pur cercando in ogni modo di seguire e di documentarmi sulla questione, è impossibile prevedere se davvero la situazione per gli ebrei nell’ipotetico Regno Unito di Corbyn potrebbe diventare analoga a quella vissuta dagli stessi nell’Unione Sovietica degli anni cinquanta sotto Iosif Stalin – per tracciare un paragone più calzante – . La maggior parte dei commentatori concorda, che per quanto Corbyn non si possa forse considerare propriamente antisemita, in ritardo e troppo poco è stato fatto per debellare questo veleno all’interno del suo partito. Scrive per esempio su Haaretz David Feldman, vice presidente della Chakrabart Inquiry istituita per investigare l’antisemitismo e altre forme di razzismo dentro il Labour, che “quando i leader laburisti e i loro sostenitori affermano che ci sarebbero pochi antisemiti all’interno del loro partito, hanno ragione – questi sarebbero statisticamente più presenti tra i conservatori -. Ma ciò li porta a immaginare erroneamente di poter affrontare l’antisemitismo espellendo ‘alcune mele marce’. Il problema reale non proviene dagli antisemiti, ma dall’antisemitismo stesso”. Un problema che sia Corbyn che i laburisti, ma anche altri leader o militanti della sinistra europea, tende a prendere sottogamba o a negare del tutto. L’antisemitismo della sinistra, a differenza di quello ideologico della destra, concorda Feldman, è molto più occulto e di difficile riconoscimento, si nutre spesso di un serbatoio di stereotipi e narrazioni radicate nei secoli, ma tende a nascondersi in un’anti-colonialismo obsoleto o in un cospirazionismo anti-cosmopolita di staliniana memoria. Una delle principali critiche rivolte a Corbyn è quella di essersi accostato nel suo percorso politico a personaggi appartenenti o vicini a Hizbollah, a Hamas o ai Fratelli Musulmani celebri nel legittimare o propagandare odio antiebraico. Nell’appoggiare in toto e senza se e senza ma la questione palestinese una parte della sinistra ha abbracciato un mondo dove spesso l’antisemitismo fa da padrone, senza ricercare strade intermedie o elaborare anche una critica verso tali movimenti e retoriche nazional-religiose correlate.
Corbyn in conclusione non è differente da altri leader sovranisti occidentali, i quali pur non avendo mai esplicitamente affermato tesi antisemite hanno all’interno dei propri partiti personaggi antisemiti o vantano relazioni con organizzazioni neofasciste e neonaziste. L’antisemitismo è parte del linguaggio dell’estrema destra e inscindibile da qualunque sciovinismo, per i leader sovranisti è dunque anche un discorso di consenso elettorale, per la sinistra di Corbyn l’antisemitismo diventa ugualmente un argomento “divisivo”. Sembra ci sia scarso interesse da parte di questa per l’elettorato ebraico e per la sua tutela, dando più risalto ad altre questioni. Ma una sinistra che perde di vista o si aliena le minoranze potrà ancora definirsi antirazzista?
Francesco Moises Bassano