“Ebrei fuggiti dai paesi arabi Onu li riconosca come rifugiati”
Mezzo secolo fa, tra le 850mila e il milione di persone furono costrette a lasciare i propri paesi – dalla Libia all’Iraq, dall’Egitto all’Iran – per trovare rifugio in Israele, Europa e America. Di fronte, l’emergere negli anni Quaranta di un nazionalismo arabo sempre più insofferente alla sua minoranza ebraica. La nascita dello Stato d’Israele, simbolo della speranza per gli ebrei, acutizzò la rabbia e la violenza del mondo arabo e islamico nei loro confronti. Comunità che per secoli quando non millenni avevano popolato regioni del Maghreb e del Medio Oriente, dato linfa al patrimonio culturale e intellettuale di quelle zone, furono vessate e cacciate dalle proprie case nel nome dell’intolleranza. Realtà che conosciamo con il nome di “mizrahi”, orientali, ma di cui oltre il nome sappiamo poco, lasciarono in aereo, in nave, a piedi la terra d’origine in cerca di un futuro. Un esodo silenzioso su cui la comunità internazionale mantiene il silenzio. Israele – dopo aver istituito il 30 novembre come giorno in cui commemorarlo – ha più volte chiesto alle Nazioni Unite che alle migliaia di persone fuggite dai paesi arabi e dall’Iran venga riconosciuto lo status di rifugiati. Lo ha fatto nuovamente in queste ore per bocca del suo ambasciatore all’Onu, Danny Danon, che ha annunciato una risoluzione che si occupi della questione. “La comunità internazionale, come spesso accade, è a suo agio a concentrarsi solo sui rifugiati palestinesi, cancellando dalle pagine di storia la storia di centinaia di migliaia di ebrei – ha detto Danon – Ma lo Stato di Israele darà voce alla verità e correggerà l’ingiustizia storica mettendo fine al silenzio assordante della comunità internazionale”. “Questa storia deve essere ascoltata”, aveva ammonito il Presidente d’Israele Reuven Rivlin parlando al mondo ma anche ai suoi connazionali in merito a questa vicenda. “Ancora oggi, Teheran e Haled, Baghdad, Sana’a e Tripoli, sono posti vietati agli ebrei israeliani; i tesori culturali e i beni lasciati da molti di loro in quei luoghi sono stati vandalizzati e saccheggiati”. Pagine Ebraiche aveva scelto di raccontare questa storia in un Dossier dal titolo “L’esodo dimenticato”. Su quelle pagine, David Meghnagi – direttore del Master di II livello in Didattica della Shoah dell’Università Roma Tre – spiegava che “la fuga degli ebrei dal mondo arabo, non è la conseguenza del conflitto arabo israeliano, ma l’esito di un processo molto più complesso in cui il conflitto arabo israeliano funge da moltiplicatore e acceleratore, di un processo già in atto”. “Scatenare la violenza distruttiva contro una minoranza indifesa, era – spiegava Meghnagi, costretto a scappare con la famiglia dalla Libia – un atto di ‘sfida’ al potere straniero, alla sua l’autorità e legittimità a intromettersi nei rapporti di dominio fra mussulmani ed ebrei. Era un modo per affermare il “diritto” di disporre arbitrariamente e liberamente di noi ebrei, ‘colpevoli’ di avere osato mettere in discussione il nostro status ‘di dhimmi’”.