Non ci si salva mai da soli

calimani darioÈ possibile salvarsi da soli? Certo che sì: basta lasciarsi gli altri alle spalle senza voltarsi indietro a guardare che affogano.
È etico salvarsi da soli? Per qualcuno sì, per qualcuno no.
Avevo smesso da un po’ di tempo di scrivere di argomenti spinosi, per evitare di leggere il mio nome nei social accostato a insulti e a calunniosi sarcasmi. Ma viene sempre il tempo del ripensamento, e il ‘non separarti dal pubblico’ intimato dai Maestri significa anche ‘non distogliere lo sguardo dagli altri’ e ‘non essere indifferente al loro destino’. E al tuo.
È qualche tempo che Salvini sta nei nostri occhi e nei nostri pensieri più di quanto non dovrebbe. Sappiamo che ama Israele, e ora sappiamo anche che ama Liliana Segre e gli ebrei. Ha organizzato un convegno sull’antisemitismo. Strizza l’occhio a Casa Pound e a Forza Nuova, le formazioni della destra estrema razzista e antisemita, ma dice di non esserne il rappresentante ufficiale, anche se ama indossarne giubbotti e magliette. E non si capisce allora per quale motivo quelli lo considerino un faro illuminante, un riferimento politico. Qualche collegamento ci dovrà pur essere. Specie se si considera la sua ultima uscita sull’antisemitismo che, a suo dire, sarebbe di radice soprattutto islamica. Che senso ha deviare l’attenzione dall’antisemitismo delle destre fasciste e neonaziste oltre che quello delle estreme sinistre? Cui prodest questa nuova invenzione? In Italia non esiste un’evidenza di antisemitismo islamico in atto, diversamente da quanto accade in Francia. In Italia l’antisemitismo indossa altre felpe.
Ho provato a riflettere. In epoca di antisemitismo montante, sotto forma di razzismo socio-politico ma anche di antisionismo e anti-israelianismo, a noi ebrei non può che far piacere che un politico si dichiari a favore di Israele e a favore degli ebrei. Con tanti nemici palesi e occulti che ci attorniano, qualche raro sostenitore non può che far bene. A me, insomma, piace che Salvini ami Israele e gli ebrei. Preferisco così, piuttosto che sentirlo berciare barzellette antisemite e concionare contro il sionismo, come fa qualche insipiente consigliere comunale terzomondista di sinistra senza neppure conoscere significato e storia del sionismo. E tuttavia, mentre ringrazio Salvini, mi resta irrisolto un interrogativo: devo sostenerlo politicamente?
Provo a ribaltare la questione a beneficio dei miei amici di destra. Se un giorno, a sinistra, D’Alema o Rizzo, o la Mogherini, o anche un incollocabile Grillo o un De Magistris e la sua assessora De Majo, o altro personaggio politico della vecchia o nuova guardia aprioristicamente filo-palestinese e anti-israeliana, si dichiarasse improvvisamente amante di ebrei e di Israele, riterrei opportuno sostenere le loro campagne elettorali e tirare loro la volata? Sinceramente no, perché non mi riconosco nelle loro politiche. Riterrei un buon segno la loro conversione a una maggiore obiettività politica nel considerare la situazione medio-orientale, ma non per questo ne sposerei le idee e cercherei di mandarli al governo.
Per uguale motivo, comprendo poco coloro che, specie se figure più o meno istituzionali dell’ebraismo, al di là della manifestazione di apprezzamento per le dichiarazioni salviniane, sponsorizzano lui e di conseguenza le sue idee. E non solo quelle su ebrei e Israele. Non li comprendo perché non si può accettare che una dichiarazione di amore per gli ebrei e per Israele giustifichi o renda accettabili, per contro, sentimenti di odio nei riguardi di altre minoranze o di altre diversità o di altre ‘estraneità’. Non si può accettare di essere strumentalizzati in questo modo. L’ebraismo non è una foglia di fico.
Si può fare il tifo per un politico perché promette di abbassarti le tasse, o di regalarti un panettone a fine anno, ma il tuo interesse personale, in un mondo governato dall’etica sociale, dovrebbe coincidere con l’interesse degli altri. Un politico che strumentalizza la differenze, dileggia un dislessico, ti fa odiare il diverso o usa i migranti come trampolino di lancio per un successo elettorale non merita sostegno, anche se mi si dichiara amico o fa il mio interesse personale. La politica dovrebbe essere altra cosa.
L’ebraismo ci lega al particolarismo, ma ci indica la via dell’universalismo. “Se io non sono per me stesso, chi sarà per me? Ma se io sono solo per me stesso, che cosa sono?” (Pirke’ Avoth 1:14). È la seconda parte della frase che qualifica la prima, non viceversa. Io sono per me stesso in senso pieno quando sono anche per gli altri. Il mio diritto è garantito solo quando è garantito il diritto di tutti. Un nesso inscindibile, per non sacrificare il proprio ebraismo sull’altare della politica amica.
Odio gratuito dispensato a piene mani, egoismi sovranisti e fake news populiste non sono principi fondanti di una politica che promuova la convivenza civile.
Alla fine, non ci si salva mai da soli. E se per caso ci si salva, prima o poi si finisce per pagarla.

Dario Calimani, Università di Venezia