Periscopio – Ihra
Non può non salutarsi con grande soddisfazione la recente scelta del Consiglio dei Ministri italiano di accogliere – come più volte sollecitato dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane – la definizione operativa di antisemitismo formulata dall’International Holocaust Remembrance Alliance.
Certo, la definizione formulata dall’Ihra, pur apparendo senz’altro equilibrata e puntuale, non può essere certamente considerata esaustiva, in considerazione della nota natura subdola, insidiosa e sfuggente del fenomeno in esame. Come ho già avuto altre volte modo di ricordare, infatti, si possono mettere in essere atteggiamenti chiaramente antisemiti (o, per non abusare dell’inflazionatissimo termine, improntati a evidenti antipatia o pregiudizio anti-giudaico) senza mai pronunciare una sola parola di biasimo verso gli ebrei, o, addirittura, senza mai nemmeno nominarli. Faccio, al proposito, qualche esempio, chiarendo che si tratta soltanto di esempi:
si può manifestare antisemitismo mostrando semplicemente amore o ammirazione verso i nemici di turno del popolo ebraico, da Hitler e Mussolini ai terroristi islamici o agli ayatollah iraniani (magari intitolando strade di importanti città e personaggi come Arafat, o dando cittadinanze onorarie a delinquenti della peggiore risma); oppure (variante sul tema) esibendo un amore cieco e incondizionato verso le presunte vittime degli ebrei (oggi, i palestinesi, ieri e domani, altri);
lo si può fare attraverso un’informazione manipolata, che palesemente deforma i fatti narrati, anche solo invertendo il nesso eziologico degli eventi, o usando termini volti a influenzare il giudizio del lettore o dell’ascoltatore (per esempio: “i soldati israeliani hanno ucciso tre ragazzi palestinesi, ritenuti responsabili di avere attaccato un centro abitato nei Territori occupati, dove sono morti tre coloni”);
attraverso una selezione o una evidenziazione mirata delle notizie: atti di violenza antiebraici passati sotto silenzio o minimizzati, atti di forza ebraici (tanto giustificato quanto ingiustificati) riportati sempre, e con grande risalto;
attraverso la banalizzazione della Shoah, usando questo termine per qualsiasi forma di sofferenza, più o meno grave, o accostando la condizione (serissima e gravissima, sia chiaro) dei migranti di oggi a quella di chi, ieri, veniva mandato nelle camere a gas;
attraverso la negazione del diritto di Israele di commemorare il genocidio del popolo ebraico, perché ciò equivarrebbe a una strumentalizzazione politica dello stesso;
attraverso la scelta mirata di personaggi ebrei da criticare (non solo politici, ma anche uomini d’affari, giornalisti, scienziati o altro), fatti oggetto di parole non solo di legittima critica, ma anche di evidente disprezzo personale, senza fare alcun riferimento alla loro ebraicità, ma lanciando così un sottile messaggio subliminale (fenomeno rientrante nella categoria del cd. “dogwhistling”, “fischiare al cane”: gli uomini non recepiscono il messaggio, ma i cani sì).
Tutti fenomeni, com’è noto, molto diffusi, nei quali alcuni politici o opinionisti nostrani sono diventati dei veri specialisti. Ma l’elenco potrebbe anche continuare, all’infinito, andando ad abbracciare il modo in cui gli ebrei vengono rappresentati nei libri di scuola (popolo antico scomparso, e miracolosamente riapparso con la Shoah), fino, paradossalmente, alla morbosa curiosità verso le loro presunte peculiarità, la plateale esaltazione del genio degli ebrei, della loro straordinaria intelligenza ecc. ecc.
L’antisemitismo, come tante volte detto, è un camaleonte, cambia sempre volto e colore, non lo si può chiudere in un’unica etichetta, quantunque puntuale accurata. E inoltre (va ricordato sempre anche questo) si intreccia sovente con forme di pregiudizio, ignoranza (sugli ebrei tutti presumono di sapere tutto), stupidità che non possono essere sempre etichettate come antisemitismo, ma che ad esso si associano con grande facilità.
La formulazione dell’Ihra, comunque, quantunque, inevitabilmente, parziale, è corretta. Tra i vari punti da segnalare, il più innovativo e importante è quello secondo cui è antisemitismo anche il pretendere sempre da Israele “un comportamento non atteso o richiesto a nessun’altra nazione”. Questo enunciato, tanto ovvio quanto rivoluzionario, dovrebbe andare a sostituire per sempre l’ovvia e insulsa affermazione secondo cui “non è antisemitismo la critica all’operato del governo di Israele”.
Governo italiano, hai fatto tua la formula dell’Ihra. Bravo, ma ora non la dimenticare in un cassetto. Ricordatene, in occasione delle prossime votazioni Onu e Unesco.
Francesco Lucrezi
(22 dicembre 2020)