Lidia e l’esile filo della memoria
Sulla porta di casa Rolfi, a Mondovì è stata disegnata una stella di David con una scritta in tedesco “Qui ebrei”. Era la casa, prima che morisse nel 1996, ora vi abita il figlio, di Lidia Beccaria Rolfi, giovane maestra, partigiana, deportata nel 1944 nel lager di Ravensbrück, sopravvissuta, autrice di libri importanti sulla deportazione su cui tutti gli storici si sono formati, che tutti hanno letto e conoscono. Ma non così chi ha scritto quella cosa sulla porta. Perché Lidia Beccaria Rolfi non era un’ebrea, ma una deportata politica. Chi ha scritto forse non lo sa, per lui i deportati erano tutti ebrei, o se non lo sono è come se lo fossero, come i nazisti con i libri da bruciare, di ebrei o di scrittori suggestionati dall’ebraismo, era tutt’uno. Ma raccontiamo qualcosa di lei, almeno noi che l’abbiamo letta ed amata. Era nel terribile lager femminile di Ravensbrück, dove furono deportate in prevalenza politiche, solo una minoranza di ebree. Dal 1939 al 1945, vi passarono 110000 donne. 92000 di loro non fecero ritorno. Invece Lidia ritornò, e raccontò questo ritorno, come Primo Levi raccontò il suo in La tregua, in un libro bellissimo, L’esile filo della memoria. Un libro che racconta l’ostilità, l’indifferenza che incontrò nel suo reinserimento nella vita civile, le incomprensioni per il ruolo così poco femminile che aveva svolto lei, una donna. Perché gli insegnanti delle scuole di Mondovì, non solo ma almeno loro, non lo fanno leggere ai loro studenti nelle classi? Per riparare un torto, ma anche per ricordare la sua figura, evidentemente troppo dimenticata, e restituirle la sua luce.
Anna Foa, storica