Contro gli impostori, la verità
Il caso del finto sopravvissuto denunciato dal CDEC suscita molte considerazioni e ricorda molto il romanzo di Javier Cercas, L’impostore. In sé, il caso non è poi così strano. Che una persona disturbata, come appare questo signore, si immedesimi talmente nelle storie lette sui campi di concentramento e di sterminio da credere, probabilmente in buona fede o quasi, di esserci stato, è certo cosa da spiegare con l’aiuto di uno psichiatra, ma non appare impossibile, data la forza che questa memoria sprigiona. Altra cosa è il fatto che istituzioni e scuole ci siano cascati senza riflettere.
L’altra considerazione riguarda i rapporti con il negazionismo e la sua, a detta dei sondaggi, forte crescita. Conosciamo bene la facilità con cui, si propagano fra i poveri di spirito le tesi complottistiche di ogni tipo, da quelle che negano la Shoah a quelle che sostengono che gli attentati dell’11 settembre non sono mai esistiti a quelle che insistono sul fatto che la terra è piatta. Il CDEC ha avuto il coraggio di dire a voce alta che quel signore mente, senza aver paura di tirare acqua al mulino dei negazionisti, senza aver paura di sollevare ondate di dubbi. Perché, checché ne dicano gli antisemiti, la Shoah è l’evento più documentato del Novecento, Perché è evidente che non basta un impostore, e non ne basterebbero nemmeno più di uno, per mettere in dubbio anche una sola virgola di quello che gli storici hanno scritto, che i testimoni hanno raccontato. Perché non abbiamo paura di dire la verità.
Anna Foa, storica