Ticketless – Piccoli suggerimenti
Si vive rintanati nella propria stanza. Una mini-antologia delle fantasie di viaggio domestico, può venire in soccorso. Per i bambini più piccoli: Rinaldo De Benedetti, nelle memorie, suggerisce di stare raggomitolati a guisa di una N sotto le coperte del proprio letto a fantasticare su una cabina. Una macchina viaggiante, forse un aerostato, che poteva andare sulla terra, sul ghiaccio e sott’acqua, ispirato a Verne: «Ed era, questo veicolo, munito di ogni sorta di comandi, leve, pulsanti, grazie ai quali egli lo guidava di qua, di là, in alto, in basso, a piacere». De Benedetti diventerà biografo di Omo Bottego e di altri viaggiatori illustri. La camera da letto è il teatro, dove vanno in scena le scene migliori di molta letteratura degli ebrei in Italia. In cucina e a tavola tuona Giuseppe Levi in Lessico famigliare. Sempre per rassicurare i bambini, il matematico Alessandro Terracini insegna come potremmo fare oggi noi per vincere la tristezza dell’isolamento. Si racconta come il grande matematico si alzasse dalla sua scrivania ed esortasse i figli a fare un po’ di movimento. Dopo averli imbacuccati, con tanto di zaino, borraccia e picozza, li lasciava salire e scendere dai tavoli e dalle poltrone, infine depositandoli in cima ad un armadio perché consumassero il pic-nic. Un esercizio pericoloso, ma utile. La casalinghitudine di Clara Sereni è un’altra buona compagnia libresca, ma la voce della verità spetta a Giorgio De Chirico, con un promemoria per noi adulti: “La mia camera è un bellissimo vascello ove posso fare viaggi avventurosi degni di un esploratore testardo”. Qui c‘è un quadro da riguardare subito a scopo consolatorio: Il ritorno di Ulisse. La metafora del giro della camera in barca è ribadita in prosa: «Fece in barca il giro della sua camera, respinto sempre agli angoli dalla risacca e, finalmente, sfruttando tutta la sua energia e la sua destrezza di vecchio ginnasta, aiutandosi con le cornici, si issò alla finestra, che era posta molto in alto, come la finestra di una prigione».
Ricordo di passaggio che De Chirico nel 1939 (si osservi la data) dedicò a Paola Levi-Montalcini uno scritto sulla bellezza delle città vuote, identiche a quelle che vediamo oggi noi dalla finestra della nostra camera. Questa pagina stupenda apre l’Elogio dell’imperfezione di Rita Levi Montalcini. Forte di quella lezione nel 1941 la Montalcini si costruisce in camera da letto un laboratorio sperimentale e con Giuseppe Levi lavora su embrioni di uova recuperate con grande sforzo dai contadini delle colline torinesi: «Andavo in bicicletta da una collina all’altra, pregando i contadini di vendermele ‘per i miei bambini’. Con tono indifferente m’informavo se c’erano galli nel pollaio, perché, spiegavo, le uova gallate erano più nutrienti». De Chirico immagina che, approfittando del vuoto urbano, «il popolo delle statue in marmo o in bronzo» scenda dai piedistalli per dare avvio ai loro conciliaboli. Nel silenzio della notte, penso anch’io che Garibaldi, «soldato senza paura» scenda dal suo piedistallo per ascoltare Verdi che gli spiega com’è nata la romanza del Trovatore, «Il balen del suo sorriso». Epiteto migliore di questo riesco a suggerire per il momento in cui, in questi giorni tristi, ci capiterà di guardare una persona cui vogliamo bene.
Alberto Cavaglion