Oltremare – Se fosse una guerra

daniela fubiniSe questa fosse una guerra, qualcuno, almeno nel centro di comando o nelle prime linee, vedrebbe il nemico. Riporterebbe al suo comandante il numero dei mezzi, perfino il numero esatto dei soldati schierati. La linea di comando si attiverebbe, e nel giro di poco tempo i gradi alti prenderebbero una decisione: attaccare, aspettare, chiedere rinforzi. Invece davanti a un nemico invisibile, perfino qui l’unica via è la ritirata in blocco, tutti in casa barricati.
Se fosse una guerra, noi civili di ogni età e censo saremmo relativamente al sicuro. Anzi, tutta la guerra sarebbe un immenso esercizio per tenere noi disarmati al sicuro. Pioverebbero missili, ci sarebbero intercettazioni nei nostri stretti cieli, forse ci sarebbero tentativi di infiltrazione da parte dei nemici. I generali in divisa sarebbero in televisione di rado pochi secondi per dire frasi brevi e tornare presto al lavoro. Invece ogni santa sera il primo ministro in abito blu dà sfogo alla logorrea finché può, per dirci come lavarsi le mani e quanto esattamente barricarci.
Se fosse una guerra, ci sarebbero allarmi a riempire le orecchie e a spaventare i cani, entreremmo di corsa nei rifugi, avviseremmo subito la famiglia via messaggini “tutto bene, siamo al riparo”. Aspetteremmo il “bum” della intercettazione oppure il silenzio del nulla di fatto, e poi torneremmo subito fuori a fare le nostre cose usuali, a casa o al lavoro che sia. Invece il silenzio incombe, le nostre vite non hanno nulla di usuale e ci si parla e scrive continuamente con tutti, ovunque nel mondo, sperando in modo vago e incerto che non arrivino brutte notizie.
Se questa fosse una guerra, assurdamente per noi di questo angolo di mondo sarebbe tutto normale. Sapremmo esattamente che cosa fare e quando, e che cosa non fare. Chi sono gli alleati, e chi i nemici. Ci sarebbe un qualche ordine, carrarmatini in fila secondo il loro colore sulla mappa di Risiko che è il nostro globo, e non cumuli di macchie rosse che si allargano, seguendo un percorso che anche il più principiante dei giocatori avrebbe potuto intuire a partire dalla seconda mossa.
Pensare che fino ad un mese esatto fa, su quel globo eravamo tutti abituati a tracciare linee immaginarie a bordo di aerei più o meno low cost, per rivedere famiglia e amici e passare normalissimamente del tempo insieme. Se questa fosse una delle nostre solite guerre, potremmo dire con certezza che torneremo tutti presto a farlo. E allora speriamo che sia una guerra, e che finisca molto più presto delle nostre ridicole partite a Risiko mediorientali.

Daniela Fubini