Bologna, la cerimonia al Memoriale
“Ricordiamo per un futuro solido”

“Il 21 aprile del 1945 fu un giorno storico per Bologna. Arrivarono gli alleati e con loro la Liberazione dal nazifascismo. E poi con il 25 aprile, Liberazione d’Italia dalla occupazione dall’esercito tedesco e dal governo fascista. Liberazione che ha avuto tanti protagonisti: l’esercito alleato, le forze partigiane, i singoli individui che agirono secondo coscienza. Tra le tante azioni da ricordare, per lo straordinario messaggio che questa vicenda ci offre, il contributo arrivato da un gruppo di volontari che scelsero di riscattare i loro fratelli trucidati nella Shoah e dare vita a quella che sarebbe stata chiamata la Brigata Ebraica”. 
L’ha ricordato Daniele De Paz, presidente della Comunità ebraica di Bologna, così intervenuto in una breve cerimonia trasmessa sui canali social del Memoriale della Shoah inaugurato alcuni anni fa in prossimità della stazione ferroviaria. “Giunti dall’allora Palestina sotto mandato britannico – ha sottolineato – i soldati della Brigata si resero protagonisti di molte azioni decisive come il primo sfondamento della Linea Gotica a fianco della divisione Folgore e l’ingresso in numerose località del Centro Italia”. 
Ha poi aggiunto De Paz: “Oggi, 21 aprile, non possiamo dimenticare che fino a poco prima dello sconvolgimento sociale che stiamo vivendo, non era tollerabile che nelle piazze italiane risuonassero impunemente parole di morte e sanguinari inviti senza condanne. Non era e non sarà mai tollerabile che ci si trovi a fronteggiare un rigurgito di fascismo e peggio ancora di neonazismo”. Per comprenderne le ragioni, il suo invito, “sarebbe bene partire da un livello un po’ più ampio, qualcosa di più esteso che combattere l’intolleranza, l’ignoranza e la sopraffazione”.
Una società civile, cioè principalmente cittadina, si basa su una convivenza fondata su delle regole rispettate da tutti. Il rispetto di queste regole, ha ricordato De Paz, “può essere ottenuto con la convinzione e l’educazione oppure con la coercizione”. A confronto sono stati messi due tipi di convivenza: quella basata sulle leggi sanzionate da pene nel caso che vengano violate e quella invece basata sul rispetto di valori condivisi, su cui da millenni è basata la società ebraica.
“C’è una differenza fondamentale fra i due concetti. La legge ha un effetto impositivo, per chi la infrange c’è una punizione, una pena: ‘Nessuna legge senza pena, nessuna pena senza legge’. Questa è la base del diritto romano. Dura Lex sed Lex. Si doveva obbedire senza discutere. L’insegnamento invece – ha detto De Paz – spiega che comportarsi in un certo modo ha un valore educativo”. 
I dieci comandamenti sono così piuttosto dieci insegnamenti: “Ti dicono cosa è bene tu faccia, lo dicono per il tuo bene e ti spiegano il perché. Il Quinto Insegnamento suona così: Onora tuo padre e tua madre affinché si prolunghino i tuoi giorni su questa terra. Infatti chi manca di rispetto verso i genitori distrugge la famiglia, distrugge i valori che rendono la vita degna di essere vissuta e perciò non fa prolungare i suoi giorni su questa terra”. 
Come ricordato da De Paz, il concetto di Dura Lex sed Lex ha dominato la cultura del ‘900, “ma ai giorni nostri, dopo i disastri delle barbarie naziste, si è affermato il principio di costituzionalità, cioè nessuna legge può violare quanto stabilito dalla Costituzione”.
“E allora – il suo pensiero – la condanna e l’immedesimazione devono riguardare tutte le forme di antisemitismo, discriminazione, pregiudizio, odio, senza se e senza ma, perché l’indifferenza di ieri e di oggi definisce quanto gli esseri umani hanno fatto o omesso di fare verso altri esseri umani”. Tutto ciò in un momento in cui “siamo tutti impegnati a resistere, per essere pronti a costruire un futuro solido e sicuro”. La convinzione di De Paz è che “usciremo da questa grande prova forti e al contempo segnati da una esperienza incredibile”. 

(22 aprile 2020)