Un nome, 76 anni dopo
Marian Reicher era nato in Polonia, era ebreo e aveva 43 anni quando fu ucciso dai nazisti alle Fosse Ardeatine. La sua salma non era stata però ancora identificata.
Finalmente, a distanza di 76 anni, questo è stato possibile. È stato l’esame del dna a confermarlo, grazie a un confronto con i dati biologici del figlio David, che vive in Israele e che lo scorso settembre si era reso disponibile per una comparazione.
Un tassello ricomposto, sottolinea il Ministero della Difesa in una nota, grazie al lavoro intrapreso “dal Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti, con il supporto del RIS dell’Arma dei Carabinieri e del Laboratorio di Antropologia Molecolare dell’Università di Firenze” e nel segno della collaborazione contestualmente avviata dallo stesso Commissariato con l’Associazione Nazionale Famiglie Italiane Martiri delle Fosse Ardeatine e la Comunità ebraica di Roma.
Tra 2011 e 2012 ad essere identificati furono i resti del partigiano ebreo Marco Moscati, che fu protagonista della Resistenza nel Lazio, e quelli di altre due vittime dell’eccidio: Salvatore La Rosa e Michele Partito. Un risultato a partire dal quale, ricorda il Ministero, si crearono i presupposti per poter proseguire l’attività (otto i resti ancora da associare).
“A pochi giorni dal 25 Aprile – afferma la Presidente UCEI Noemi Di Segni – una notizia attesa da mesi che ci ricorda come la Memoria non sia solo ascolto ma anche un processo attivo caratterizzato da consapevolezza e impegno”. A coloro che si sono adoperati per questo risultato, sottolinea Di Segni, “la profonda gratitudine di tutti gli ebrei italiani”.
Una volta superata l’emergenza sanitaria, annuncia il Ministero, sarà organizzata una cerimonia con la partecipazione del figlio.
(22 aprile 2020)