Riapertura dei luoghi di culto ebraici
al lavoro per definire il protocollo

Ultime battute nel serrato confronto fra le istituzioni dell’ebraismo italiano e il Governo per determinare il percorso di riapertura dei luoghi di culto ebraici in Italia, nell’ambito delle consultazioni del governo con le religioni diverse da quella cattolica, per una apertura contestuale a quella cattolica prevista per il 18 maggio.
La presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, insieme al rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, ha partecipato prima dello Shabbat a un incontro di verifica sollecitato dal capo dipartimento del ministero degli Interno per le Libertà civili e l’immigrazione con competenza sulle questioni religiose prefetto Michele Di Bari con il comitato tecnico scientifico, presente il presidente dell’Istituto superiore della Sanità professor Silvio Brusaferro.
Shabbat di trepidazione e di preghiera, intanto, nelle sinagoghe tedesche (nella foto scattata prima del Sabato, il rav Avichai Apel della sinagoga maggiore di Francoforte sale da solo sulla Bimà della grande sala indossando la mascherina). Il rabbinato tedesco ha risposto immediatamente alla sentenza della Corte costituzionale favorevole alla riapertura dei luoghi di culto emettendo regole chiarissime e rigorose.
Il Consiglio centrale delle comunità ebraiche tedesche ha disposto la massima diffusione di un manifesto che esemplifica tutte le direttive e lascia facilmente comprendere ogni aspetto del delicato equilibrio fra diritto ebraico e legge dello Stato.
Per accedere alle funzioni dello Shabbat era comunque necessario prenotare formalmente la propria presenza entro il mezzogiorno del venerdì in modo da consentire la regolazione e il più rigoroso controllo agli ingressi, così come il distanziamento e l’applicazione di tutte le altre misure preventive.
“Il tipo di interazioni sociali che sono il nucleo della bellezza della vostra cultura hanno purtroppo aumentato i rischi di contagio”. Il virologo Anthony Fauci, il volto più noto della task force del governo statunitense contro il Coronavirus, si è così rivolto ai rappresentanti della Orthodox Union e del Rabbinical Council of America di cui è stato ospite in una videoconferenza organizzata per fare il punto sull’emergenza sanitaria e le misure di contenimento della minaccia. L’invito dell’esperto, che è da qualche ora in isolamento per essere entrato in contatto con un membro della Casa Bianca positivo al Covid-19, è stato quello di procedere con la politica dei piccoli passi. Soprattutto per quanto riguarda preghiera e momenti aggregativi in sinagoga. “Per il futuro – ha detto – potrebbe essere una buona cosa passare da tre preghiere quotidiane per sette giorni alla settimana a una per cinque giorni soltanto. Lo dico senza avere la presunzione di intromettermi in questioni spirituali”.
Il virus, ha poi aggiunto Fauci, sarà quasi sicuramente in circolazione in autunno e inverno. E quindi ci si dovrà comportare di conseguenza. “Il fatto che si manifesti o meno una seconda ondata dipenderà dalla nostra preparazione e dalla nostra capacità di identificare e isolare i contagi. Se ne saremo capaci – ha sottolineato – il virus potrà essere gestito”.
C’è quindi la speranza che, attuando comportamenti responsabili, senza fare passi più lunghi del dovuto, si possa tornare a una qualche forma di normalità. Ma, ha ammonito il virologo, “sarà una nuova normalità”. E le sinagoghe non saranno in grado di tornare a una piena fruibilità “fin quando non sarà sviluppato un vaccino”.
Fauci, che ha fatto riferimento alla lettura di salmi con cui si è aperta la videoconferenza, si è congedato con una battuta citata dai media ebraici americani: “Ricordatevi di includermi in una delle vostre preghiere”.
Il rabbino Moshe Hauer, vicepresidente della Orthodox Union, ha assicurato non soltanto questa forma di sostegno ma anche l’attuazione di ogni misura necessaria per contenere il virus. Ha inoltre svelato che i parametri per il distanziamento tra persone che saranno indicati ai frequentatori delle sinagoghe saranno più ampi rispetto a quelli forniti dalle autorità dello Stato. “Le indicazioni – ha affermato rav Hauer – sono per sei piedi (180 centimetri) da un individuo all’altro. Noi segnaleremo l’esigenza che ve ne siano otto (240 centimetri). Perché nel nostro mondo, molto sensibile alla socialità, otto diventano facilmente sei”.

(10 maggio 2020)