Raccontare i haredim, per davvero

Cosa si conosce del mondo haredi in Israele? A parte gli stereotipi, le immagini di uomini vestiti di nero a Mea Shearim o Bnei Brak, questa realtà rimane fuori dai grandi circuiti mediatici. Viene raccontata quasi esclusivamente nei momenti critici, come in questa pandemia. Con l’aiuto di due giornalisti israeliani, Akiva Weisz e Anshel Pfeffer, abbiamo cercato di capire cosa vuol dire coprire questa realtà, percepita come disconnessa dal resto della società israeliana.

“I tanti volti di una grande comunità”

Ultimo di quindici figli, cresciuto nella città di Bnei Brak, nella chassidut di Satmar (uno dei più grandi movimenti chassidici), passato a studiare in una yeshiva Litai (scuola religiosa haredi lituana) dove si parlava solo yiddish, Akiva Weisz racconta di aver sempre avuto un certo feeling con le notizie. “Già da ragazzino mi piaceva informarmi, mi piaceva seguire le notizie. Diciamo che il mio interesse si è sviluppato presto. E poi le cose hanno preso una certa piega, e mi hanno buttato fuori dalla yeshiva”. Da qui, l’inizio della sua carriera giornalistica che ha portato Weisz a diventare il redattore di riferimento per il mondo haredi dell’emittente televisiva israeliana Kan. “Sento la responsabilità di spiegare al mondo laico questo mondo, di far comprendere le sue mille sfumature. Bnei Brak (città a maggioranza haredi) e Tel Aviv distano una manciata di chilometri, ma dal punto di vista culturale sembrano migliaia”. Lo dimostrano decenni di incomprensioni reciproche, e in ultimo quanto accaduto con il coronavirus.

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“Oltre i pregiudizi, una realtà piena di fascino”

Oggi giornalista e commentatore politico noto al grande pubblico, autore di un’affilata biografia del Primo ministro Benjamin Netanyahu, Anshel Pfeffer ha un passato da cronista con l’incarico di coprire il mondo haredi.
La sua carriera è proprio iniziata ventitré anni fa in questo modo: lavorando per un giornale locale di Gerusalemme. “Le mie prime coperture erano su Mea Shearim e gli altri quartieri religiosi della capitale. E per molti aspetti è rimasto il mio primo amore dal punto di vista professionale. Ho trovato quella realtà molto affascinante e nel corso degli anni mi sono trovato più volte a scrivere di diverse correnti dell’ebraismo, nei suoi diversi punti di vista e colori. Inclusi i più neri tra i neri, che spesso sono i più affascinanti”.
Così racconta Pfeffer, firma di Haaretz, dell’Economist e di diversa altre testate, riferendosi al mondo haredi e al fatto che spesso chi ne fa parte veste con i classici abiti neri. Spesso il termine usato per descriverli, anche in Italia, è ultraortodossi. Ma Pfeffer sottolinea di preferire la parola ebraica, haredi.

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Dossier Informazione – Pagine Ebraiche maggio 2020

(19 maggio 2020)