Marc Bloch e il mestiere dello storico

“Volendo parlare di cultura ebraica, di libri e più in generale di storia, credo sia molto importante ricominciare a parlare di Marc Bloch, uno dei più grandi storici del XX secolo. È importante non solo perché la storia non gode di grandi favori a livello di cultura di massa ma anche, in particolare, perché Bloch è stato un po’ mitizzato e museificato ed è forse uscito da quelle che sono le letture comuni. Ogni tanto ricordato ma molto meno letto rispetto a cinquanta o sessant’anni fa. Quindi sia dal punto di vista di un discorso sull’utilità della storia, sulla sua importanza anche politica, sia dal punto di vista sulla cultura ebraica del Novecento, credo sia importante ricordarsi di Marc Bloch e continuare a leggerlo”. Così lo storico Giacomo Todeschini spiega la sua scelta di aprire la nuova rubrica audio “pagine di storia” analizzando la figura di Marc Bloch, grande nome della storiografia moderna, e soffermandosi in particolare sul libro Apologia della storia (Einaudi).

“Marc Bloch, di famiglia ebraica alsaziana è nato nel 1886 ed è morto nel 1944 fucilato dalla Gestapo, dai nazisti, inseguito sia al fatto di essere ebreo sia per aver partecipato alla resistenza francese”. Nel mezzo di queste due date, spiega Todeschini, la vita di uno storico che ha segnato con i suoi studi la vicenda storiografica dei decenni successivi. “La prima cosa che si può ricordare è che Marc Bloch, insieme a Lucien Febvre, ha fondato una rivista, Les Annales, che è tutt’oggi molto importante. Fu un tentativo di fare della storia una scienza comparata, cioè chi si occupa di storia, di storia sociale ed economica deve occuparsi anche di linguistica, di antropologia, di letteratura, di arte e così via. Nasce grazie a Bloch un’idea di una scienza storica attraverso cui il passato viene ricostruito incrociando diversi saperi scientifici. Quindi una scienza fondamentale sia per ricostruire quello che è successo sia per comprendere la realtà nella quale ci si viene a trovare”.
Tanti i libri fondamentali firmati da Bloch, spiega Todeschini, che cita tra gli altri I re taumaturghi (Einaudi). “È un libro avvincente sui poteri di guarigione dei sovrani francesi nel Medioevo, quindi sulla magia che veniva attribuita loro, ma allo stesso tempo è un libro di storia della religione, di storia dell’arte e anche di psicologia sociale in un certo senso”. L’altra opera su cui si sofferma Todeschini è poi la citata Apologia della storia, scritta da Bloch negli anni Quaranta e pubblicato postumo nel 1949. “Non è solo un grande libro di storia ma è anche la testimonianza di come uno studioso ebreo poteva reagire al clima politico nel quale si era venuto a trovare inseguito all’occupazione della Francia da parte dei nazisti”. “Bloch – ricorda Todeschini – fu discriminato perché ebreo dagli inizi degli anni Quaranta. Nel 1941 si ritira in un certo senso a vita privata e scrive questa Apologia della storia in una situazione che a noi oggi sembra quasi incredibile: senza l’aiuto di nessuna biblioteca, è un libro scritto a memoria, il che lo rende anche molto piacevole da leggere. È il libro di uno storico innamorato del suo mestiere che vuole spiegare perché è utile occuparsi di storia e perché è bello farlo”. Nell’opera, evidenzia lo storico italiano, Bloch spiega inoltre come fare la storia significhi soprattutto adottare una tecnica di interrogazione delle testimonianze – di carta, di pietra o in carne ed ossa – “raffinata e smaliziata. Un caposaldo di questa tecnica è la distinzione che Bloch fa tra testimonianze volontarie e involontarie: lui ci insegna come dobbiamo interrogare i testimoni, vivi o morti, e quanta importanza ha il fatto che queste testimonianze siano state lasciate volontariamente o involontariamente. Questo criterio di analisi fa sì che la ricostruzione della storia e della memoria debba prestare attenzione non soltanto ai dati espliciti contenuti dalle fonti ma anche alle cose che possiamo leggere tra le righe o decifrare all’interno del discorso storico”.