Scuola e politica
L’immonda gazzarra scatenata alla Camera con il pretesto del cosiddetto Decreto Scuola ha fatto toccare uno dei punti più bassi della nostra democrazia parlamentare. Non parlo di destra o sinistra o centro, non entro neppure nel merito del provvedimento, decisamente migliorabile. Mi riferisco invece alla generalizzata mancanza di strategia dimostrata dai protagonisti della discussione. Di fronte all’emergenza che dura ormai dalla fine di febbraio le forze politiche hanno perso di vista quello che dovrebbe essere l’orizzonte programmatico di ogni governo, di ogni opposizione, alla fin fine di ogni sistema democratico: una definizione di lungo periodo degli obiettivi del sistema di istruzione, il reperimento di risorse economiche (finanziamenti) e strutturali (edifici e spazi scolastici adeguati e sicuri), una roadmap che disegni l’avvenire delle giovani generazioni che sarà poi l’avvenire dell’intero Paese. Da un punto di vista ebraico l’assenza di un percorso di questo tipo dovrebbe particolarmente allarmare. La scuola, l’educazione dei figli, la loro alfabetizzazione, è stata la principale risorsa attivata dalle comunità ebraiche di ogni tempo per trasmettere i propri saperi, di generazione in generazione. Nella storia non si è data comunità ebraica senza un luogo di studio, che era il centro delle attenzioni degli amministratori che ne curavano il funzionamento. Un elemento talmente importante e sedimentato nella cultura degli ebrei che quando iniziò la persecuzione antiebraica in Italia nel settembre 1938 la prima preoccupazione dei dirigenti delle comunità fu quella di assicurare alle ragazze e ai ragazzi una continuità nell’istruzione. Fu così che vennero istituite numerose scuole anche di piccolissime dimensioni nelle città che registravano la presenza di un nucleo di ebrei. Questa è solo una delle ragioni per cui oggi gli ebrei italiani, e con essi tutti i cittadini italiani, dovrebbero essere allarmati per la pochezza e l’insensatezza di quanto accaduto in Parlamento. Scegliere quel tema (le scuole ai tempi del Covid19) e così tardi (inizio giugno, con gli esami di tutti i cicli scolastici già alle porte) per scatenare uno scontro politico che di tutto si è occupato fuorché dei ragazzi e del loro futuro è un fatto grave. Sarebbe bene che gli esponenti delle forze politiche che si contendono oggi la gestione dei ricchi fondi che verranno messi a disposizione per la ripresa compissero un serio esame di coscienza e mettessero in atto quanto in loro potere per rimediare ai danni già fatti. Una politica che non si impegna a progettare e attuare un futuro sostenibile del sistema scolastico è una politica che rinuncia a fare il suo lavoro. È una politica dannosa, che delega a insegnanti, dirigenti scolastici e famiglie un compito immane senza fornire adeguati strumenti. Una politica che, in prospettiva, diventa quindi sempre più irrilevante, aprendo lacerazioni pericolose per la nostra vita democratica.
Gadi Luzzatto Voghera, Direttore Fondazione CDEC