Difendiamo la storia
In mezzo alle interminabili discussioni sulla riapertura delle scuole, mentre su centinaia di studenti e insegnanti ebrei nelle scuole pubbliche incombe la spada di Damocle delle lezioni di sabato oppure delle lunghe e faticose discussioni e trattative per non averle, in questi giorni è inevitabilmente passata in secondo piano un’altra novità degna di nota che potrebbe rivelarsi piuttosto preoccupante: le linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica (in applicazione della legge 92 del 20 agosto 2019).
Costituzione, diritto (nazionale e internazionale), legalità e solidarietà, sviluppo sostenibile, educazione ambientale, conoscenza e tutela del patrimonio e del territorio, cittadinanza digitale. A prima vista è una gran bella cosa che venga introdotta una nuova disciplina dai contenuti così importanti. Il problema è che tutto questo deve essere a costo zero per lo stato, e quindi senza insegnanti e senza orari. Anzi, l’orario c’è, ed è pure obbligatorio: alla disciplina devono essere dedicate non meno di 33 ore per ciascun anno scolastico, cioè mediamente un’ora alla settimana, che non è poco; il problema è che non si tratta di un’ora in più nell’orario settimanale, ma di un’ora che deve essere trovata in qualche modo nell’ambito dell’orario che c’è già, così come accade già da anni per quanto riguarda l’alternanza scuola-lavoro (che adesso si chiama PCTO, cioè “percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento”) e tante altre cose; e questo in presenza di programmi che sono sempre gli stessi, in alcuni casi non troppo diversi da quelli previsti dalla riforma Gentile del 1923.
Nelle linee guida si afferma che l’educazione civica “supera i canoni di una tradizionale disciplina, assumendo più propriamente la valenza di matrice valoriale trasversale che va coniugata con le discipline di studio”. Bei paroloni, ma in pratica significa che in ogni consiglio di classe gli insegnanti litigheranno per chi si dovrà accollare questa nuova grana e molto probabilmente i perdenti (quelli che dovranno dedicare il maggior numero di ore) nelle scuole che non hanno economia e diritto saranno gli insegnanti di storia, che peraltro sono probabilmente i più competenti. Dunque la storia rischia di passare da tre a due ore settimanali al liceo classico e addirittura da due a un’unica ora settimanale in altri ordini di scuola.
Dunque, se diciamo che dal prossimo anno scolastico sarà introdotta educazione civica come materia obbligatoria facciamo tutti grandi salti di gioia, ma se diciamo che d’ora in poi milioni di giovani potrebbero non sapere cosa è stato il fascismo perché in compenso avranno imparato molto bene a tenere pulita la propria classe la prospettiva assume contorni molto più inquietanti; certo, quest’ultimo è un paradosso un po’ estremo, ma non me la sentirei affatto di escludere che in determinati contesti questo paradosso possa diventare realtà. Già adesso la storia è spesso la prima materia che gli allievi pigri decidono di trascurare perché raramente questo comporta gravi conseguenze; ovviamente non per colpa degli insegnanti di storia, ma per la scarsa considerazione di cui la disciplina gode agli occhi di colleghi, allievi e famiglie, e anche di tutti i ministri dell’istruzione che da anni continuano ad assegnarla esclusivamente a commissari interni. Capita spesso agli esami di stato, così come nei quiz televisivi, di sentire persone che conoscono bene testi letterari non banali, antichi miti, nozioni complesse di chimica o di biologia e magari non sanno dire in che anno è finita la seconda guerra mondiale o cosa si festeggia il 25 aprile. Non oso pensare a cosa potrebbe succedere se le scuole saranno ufficialmente autorizzate a fare peggio di così. Dovremo stare molto attenti.
Anna Segre