Il presidente della Sicilia e l’apologia di fascismo
Non è solo di oggi lo scandalo suscitato dal fatto che il governatore della Sicilia nell’Italia retta dalla Costituzione antifascista, sia un apologeta del fascista Filippo Anfuso, braccio destro di Ciano, probabile mandante dell’assassinio di Carlo e Nello Rosselli, ambasciatore nella Germania nazista fra il 1943 e il 1945. Su Anfuso Musumeci ha pubblicato un libro nel 1986 dal significativo titolo: “L’ambasciatore Anfuso. Duce, con voi fino alla morte”. Nel 2003, quando Nello Musumeci era solo il coordinatore regionale di Alleanza Nazionale, l’ANPI di Catania ne aveva già chiesto le dimissioni per lo stesso motivo, in un comunicato molto dettagliato in cui ripercorreva la storia di Filippo Anfuso negli anni dell’occupazione nazista. Anfuso non era, infatti, un fascista qualunque. Vice di Ciano, che ne scriveva come del più “filotedesco” dei suoi collaboratori, l’unico ambasciatore italiano ad avere, il 13 settembre 1943, aderito alla Repubblica Sociale di Salò, fu fra l’altro accusato di essere stato, su ordine di Ciano, il mandante dell’assassinio di Carlo e Nello Rosselli. Da questa accusa fu assolto, sia in Francia che in Italia. Sull’assoluzione italiana, opera del tribunale di Perugia, scrisse Piero Calamandrei: “Qui il giudice estensore ha voluto salvare l’anima: ha voluto far sapere ai cittadini che quegli assolti erano colpevoli e che, se si fosse potuto fare giustizia, avrebbero essere dovuti condannati”. E oggi il giudizio degli storici va nella stessa direzione, l’unica esitazione è sul ruolo rispettivo di Ciano e Anfuso nel commissionare l’assassinio ai fascisti francesi. C’è un altro punto, che più che Anfuso direttamente riguarda il suo biografo Musumeci. Sembra che nel 1986 il suo libro sia stato largamente usato a sostegno della tesi dell’innocenza dei fascisti di Salò nella caccia agli ebrei dopo l’armistizio del 1943. Oggi che la storiografia ha fatto a pezzi queste posizioni, dimostrando il ruolo primario di Salò nella deportazione degli ebrei italiani, che l’autore di simili apologie sia un rappresentante della nostra Repubblica è un’onta per tutti.
Anna Foa, storica