La Arendt e il ritratto
di Rahel Varnhagen

“Che storia! – Sono una profuga dall’Egitto e dalla Palestina e trovo qui aiuto, amore e cura da parte Vostra! Con entusiasmo sublime penso a questa mia origine e alla trama del destino in cui si uniscono le più lontane distanze di spazio e di tempo: le più antiche memorie del genere umano, allo stato più recente delle cose. Quello che, per tanto tempo della mia vita, è stata l’onta più grande, il più crudo dolore e l’infelicità, essere nata ebrea, non vorrei mi mancasse ora a nessun costo”. Con queste parole di Rahel Varnhagen, Hannah Arendt decide di aprire la sua prima e unica biografia dedicata proprio alla Varnhagen, scrittrice ebrea berlinese vissuta a cavallo tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento. Un volume (intitolato Rahel Varnhagen. Storia di un’ebrea – Il Saggiatore) a cui la Arendt lavorò per anni, e che la storica Anna Foa ha scelto di presentare nella nuova puntata della rubrica “pagine di storia”.
Un testo in cui, spiega Foa, la Arendt apre una finestra sul mondo ebraico tedesco attraverso la figura di Rahel e analizza il significato di assimilazione e integrazione. “Leggere questo libro aiuta a capire il mondo pieno di contraddizioni dell’ebraismo tedesco. È estremamente affascinante”, spiega Foa. O per dirla come Walter Benjamin è un testo che “nuota vigorosamente contro la corrente della giudaistica edificatoria e apologetica”.