Spuntino – Polvere di maldicenza
La parashà di Devarim inaugura il discorso di commiato in cui Moshè Rabbenu redarguisce il popolo di Israele con allegorie edulcorate, pungenti come api (=devorim) ma dolci come il miele. Il Midrash (Devarim Rabbà 1) interpreta in questa direzione il versetto dei Proverbi (28:23) di Re Salomone: talvolta per amore é necessaria una strigliata (si pensi ad esempio all’importanza del rimprovero nell’educazione dei bambini) mentre invece un intento maligno può mascherarsi dietro a un linguaggio adulatore (“machlik lashon,” letteralmente “che fa scivolare la lingua,” facile da accettare), come nel caso di Bil’am. Le parole dunque vanno soppesate con cautela. Secondo la Ghemarà (Bava Batra 165a) la maggioranza pecca di appropriazione indebita (ghezel), una minoranza di unioni proibite (‘arayot) e tutti quanti di maldicenza (lashon ha-ra’). Proprio tutti? Il Megallè ‘Amukot (Rabbi Natan Shapira) trova conferma proprio all’inizio della parashà, “elle ha-devarim,” dove “elle” sarebbero le iniziali di “avak lashon ha-rà'” (=polvere di maldicenza). Vuole dire, ad esempio, un’allusione superflua, apparentemente innocua, che può sottintendere o innescare maldicenza.
Raphael Barki