Trump: “Proteggerò l’America dal caos”
Dalla Casa Bianca trasformata come palcoscenico personale, il Presidente Usa Donald Trump chiude la convention repubblicana e rilancia lo slogan della sua campagna elettorale per il voto di novembre: Law and order. Legge ed ordine. “Non permetterò i saccheggi, gli incendi, le violenze, l’anarchia per le strade d’America. Ho mandato la Guardia Nazionale a Kenosha, Wisconsin, per imporre la legge e l’ordine!”, ha dichiarato il presidente (Repubblica) in riferimento alla città da giorni al centro di proteste, anche violente, a causa del ferimento di un giovane afroamericano, Jacob Blake, da parte della polizia. “Solo io posso proteggervi dal caos”, il virgolettato di Trump richiamato dal Corriere della Sera, che ricorda gli attacchi contro l’avversario democratico Biden, definito un estremista di sinistra. Trump, scrive la Stampa, “ha scelto invece di usare il discorso più importante della campagna elettorale per demolire l’avversario, piuttosto che spiegare le ragioni per cui gli americani dovrebbero assumerlo per altri 4 anni. Gli effetti già si notano, perché i sondaggi segnalano una riduzione del vantaggio di Biden, e adesso si tratta di vedere se i democratici sapranno reagire”. Intanto chi sceglie di agire sono i campioni Nba che hanno deciso di non scendere in campo in solidarietà con Jacob Blake (a cui un agente ha sparato sette colpi mentre era di spalle), facendo infuriare lo stesso Trump, scrive il Corriere.
La missione di Pompeo. Israele, Sudan, Bahrein, Emirati Arabi Uniti e Oman, sono i paesi scelti dal segretario di Stato Usa Mike Pompeo per il suo tour mediorientale. L’obiettivo, lavorare per fare nuovi passi avanti nel normalizzare i rapporti tra Israele e alcuni paesi arabi – compresi gli Emirati Arabi Uniti che, come è noto, hanno già annunciato un accordo in questo senso – rafforzare il fronte anti-Iran. Di questa missione parla oggi il Sole 24 Ore sottolineando come il peso massimo che Pompeo vorrebbe portare al tavolo con Israele è l’Arabia Saudita ma la strada è ancora lunga. A proposito di intese, il Venerdì di Repubblica racconta come un piccolo (piccolissimo) aiuto nella normalizzare i rapporti tra Israele ed Emirati Arabi Uniti è arrivato dall’iniziativa imprenditoriale di Elli Kriel, ebrea sudafricana che ha aperto a Dubai Elli’s Kosher Kitchen, primo servizio di consegna a domicilio di cibo kosher nella regione del Golfo.
Un villaggio diviso a metà. Repubblica racconta la vicenda del villaggio di Ghajar, diviso a metà dalla Linea Blu, tracciata nel 2000 per definire il confine dopo il ritiro israeliano dal Sud del Libano. In questa zona, ricorda il quotidiano, Hezbollah ha cercato più volte di colpire Israele, riuscendoci in alcuni casi. “Chiediamo che il mandato di Unifil venga modificato di modo che entri anche in quelle che sono considerate proprietà private, ma che in realtà sono basi operative di Hezbollah, e che conduca perquisizioni anche senza preavviso o coordinamento con l’esercito libanese” dice Assaf Orion, ricercatore per l’INSS di Tel Aviv, in riferimento alla missione di interposizione Unifil. “È in corso un’escalation. Se la situazione rimane così, se non si rende Unifil più efficace, una nuova guerra è solo questione di tempo”. Repubblica, in un altro articolo, ricorda che il mandato di Unifil – di cui fa parte l’Italia – scadrà il 31 agosto. “Per dire sì al rinnovo della missione – riferisce il quotidiano – gli Stati Uniti pretendono un rafforzamento del mandato di Unifil, stabilito dalla risoluzione 1701: come gli israeliani, accusano infatti la missione di non fare abbastanza per limitare le attività di Hezbollah, che solo poche settimane fa ha tentato di infiltrare un commando dentro i confini dello Stato ebraico”.
Yeshivot a misura di virus. Divisori di plastica tra i banchi e mascherine obbligatorie. Anche le scuole religiose, le yeshivot, si sono organizzate in Israele per tutelare i propri studenti. Lo ricorda il Corriere della Sera in riferimento alla risposta di Bnei Brak, città a est di Tel Aviv a maggioranza haredi, dove le scuole si sono attrezzate con misure anticontagio. “La comunità ultraortodossa ebraica è stata fra le più colpite del Paese,- segnala nella breve il quotidiano – con i maggiori focolai registrati proprio nei quartieri più densamente popolati dal religiosi”.
Piccolo e grande schermo. Corriere presenta il film Crescendo del regista israeliano Dror Zahavi dedicato all’orchestra West-Eastern Divan, “nata 21 anni fa dal sogno condiviso di un direttore ebreo e un intellettuale palestinese, Daniel Barenboim e Edward Said, decisi a superare i torti della storia col potere dell’ascolto. II loro progetto audace, favorire il dialogo tra Paesi nemici del Medio Oriente facendo suonare fianco a fianco giovani israeliani e palestinesi”. Cuore del film, spiega il quotidiano, “’incontro-scontro tra giovani riluttanti e ostili. Come Layla e Ron, violinisti su fronti avversi. Lei palestinese lui israeliano. Per lui suonare è stato l’avvio di una carriera ben sostenuta da famiglia e scuola. Per lei una sfida da conquistare giorno per giorno”. Avvenire segnala il documentario “I sette nani di Auschwitz” che esplora la drammatica storia della famiglia Ovitz. Sette artisti ebrei nani – Rozika, Franzika, Avram Freida, Micki, Elizabeth e Perla – che viaggiarono attraverso l’Europa dell’Est esibendosi con il nome “I Lilliput” nei più grandi teatri europei per poi finire deportati e oggetto di esperimenti ad Auschwitz da parte di Josef Mengele.
Oliver Stone si racconta. Il controverso regista americano Oliver Stone si racconta in un’autobiografia e in un’ampia intervista oggi al Corriere 7. Nel raccontare il padre, Stone afferma: “era uno scrittore, un intellettuale ebreo costretto a lavorare nel mondo degli affari, che guardava il mondo con un distacco che anche io ho”.
Il volto incappucciato di Monaco ’72. Una delle immagini simbolo del secondo Novecento, scattata durante la strage terroristica compiuta da un commando palestinese a Monaco 72 contro la squadra olimpica israeliana, è quella del terrorista incappucciato affacciato sul balcone. Il Giornale oggi ricorda chi era l’attentatore dietro quel cappuccio: Khalid Jawad, nato nel 1954 in Libano e morto a Fürstenfeldbruck il 6 settembre 1972.
Guardarsi allo specchio. “Se fossi nei panni del pizzaiolo nazista candidato per Fratelli d’Italia in quel di Fondi, invitato a togliere il disturbo per levare dall’imbarazzo la sua lista, mi chiederei: ma perché proprio io? Che cosa ho fatto di così grave definendomi omofobo, antisemita, naziskin, antidemocratico eccetera? Di quanti fascisti e nazisti pullula, con zero scandalo, la destra italiana, e mica solo i partitini conclamati, Forza Nuova e Casa Pound, anche i partitoni di massa come Lega e Fratelli d’Italia? Non era forse nazista quel Savoini che accompagnava il Salvini nelle sue trasferte moscovite?”, lo scrive Michele Serra nella sua amaca di oggi affermando che la destra italiana debba farsi un esame di autocoscienza.
Daniel Reichel