Koestler e la difesa della democrazia
I nemici delle democrazia non sono necessariamente dei mostri venuti dall’esterno. Possiamo essere noi stessi, quando smettiamo di crederci, quando non sentiamo il modello democratico come parte di noi e quindi non siamo motivati a difenderlo, a resistere in suo nome agli attacchi esterni. Lo spiega nel suo Schiuma dalla terra lo scrittore e filosofo Arthur Koestler: un libro autobiografico scritto a Londra nel 1941 in cui Koestler, ebreo di origine ungherese poi naturalizzato britannico, racconta il periodo di reclusione in un campo di prigionia francese sui Pirenei. Un’esperienza, nella Francia democratica e repubblicana, non tanto diversa da quella del lager o del gulag. “Se noi prendiamo un qualsiasi libro che racconta i campi di concentramento dei sistemi totalitari, la condizione di Koestler non è molto diversa. – spiega lo storico sociale delle idee David Bidussa nell’ultima puntata di pagine e svolte – Lo dico perché quando descriviamo dei campi di questo tipo pensiamo sempre che siano cose avvenute da un’altra parte, lontano dalle nostre democrazie. No no, sono avvenute proprio qui”. E l’esistenza di quei campi, in quella forma, è uno dei segni più significativi della crisi della democrazia, della crisi di un sistema che dovrebbe difendere la libertà. Ma Koestler, spiega Bidussa, porta un altro esempio ancora più evidente di come i francesi del 1940 non furono pronti a difendere il proprio sistema di valori. Non nella misura in cui lo furono nel primo conflitto mondiale.