Italo Balbo e la storia
dell’Italia fascista
Con un comunicato stampa che più chiaro non potrebbe essere la professoressa Anna Quarzi, Presidente dell’Istituto di Storia Contemporanea ISCO di Ferrara, ha inteso chiarire il percorso di ricerca che è stato avviato per studiare la figura controversa di Italo Balbo. Credo sia importante parlarne su queste pagine perché, come spesso capita quando in Italia si intende riabilitare una figura compromessa con il fascismo, anche in questo caso si è fatto esplicitamente ricorso all’ “amico ebreo”. Nel caso specifico sulla stampa nazionale ci si è riferiti alla stretta amicizia di Balbo con Renzo Ravenna, che come è noto fu podestà di Ferrara per molti anni, fino alle forzate dimissioni nel 1938. Lo smaccato utilizzo strumentale di aspetti particolari della storia – in particolare per gli anni del fascismo – dovrebbe far suonare un generalizzato campanello d’allarme. In questo contesto gli ebrei come singoli e le comunità ebraiche non possono e non devono essere viste come l’utile foglia di fico che copre comportamenti discutibili, quando non apertamente criminali. La storia dell’Italia fascista non si riduce alla legislazione antiebraica. Si tratta di una vicenda complessa, contraddittoria, che ha coinvolto l’intero paese (ebrei compresi) in un processo di modernizzazione che ha travolto e modificato tutti gli ambiti della società mettendo a nudo le debolezze e la rettitudine dei singoli, il loro coraggio, la loro ambizione, le loro paure.
Italo Balbo non sfugge a questa logica. Figura assai contraddittoria, dimostrò la sua ambivalenza anche nel rapporto con gli ebrei. Era sì apertamente contrario all’antisemitismo di marca nazista, ma allo stesso tempo ben prima dell’emanazione di una legislazione antiebraica nel suo ruolo di governatore della Libia (1934) colpì al cuore le tradizioni della locale comunità ebraica imponendo l’apertura dei negozi di sabato, restringendo fortemente l’attività dei tribunali rabbinici e addirittura espellendo il rabbino Castelbolognesi che aveva osato criticare i suoi provvedimenti. Per non parlare dell’accettazione silente (e quindi attiva, Balbo non era un signor nessuno nel PNF!) dei provvedimenti del 1938.
L’ISCO di Ferrara in questo senso sta lavorando in maniera esemplare. Ha acquisito con coraggio (sì, a volte ci vuole coraggio quando si fa il mestiere dello storico!) il fondo di documenti, libri e fotografie donato dalla famiglia Balbo, e ha aperto una stagione di ricerca storica su quel materiale in collaborazione con l’Università. Trovo sbagliato e inaccettabile tirare per la giacchetta chi sta facendo il suo lavoro inteso come servizio di approfondimento e conoscenza a beneficio dell’intera cittadinanza, ipotizzando mostre “eroiche” che non possono che essere interpretate come tentativi di riabilitazione. La storia non si fa in questo modo, in special modo la storia dell’Italia fascista che ancora oggi, e in maniera sempre più sorprendente, diventa terreno di scontro politico. Si tratta di un ulteriore esempio di un Paese che fa molta fatica a fare i conti con il suo passato.
Gadi Luzzatto Voghera, Direttore Fondazione CDEC