“L’Italia non abbassi la guardia,
scongiuriamo la terza ondata”

Aperture dei quotidiani dedicate inevitabilmente alle misure contenute nel nuovo Dpcm che entra in vigore oggi ed è stato presentato dal Presidente del Consiglio Conte ieri in conferenza stampa. “Non dobbiamo abbassare la guardia”, ha affermato Conte. Lo ha ribadito nel giorno in cui l’Italia ha raggiunto, da inizio pandemia, il numero massimo di morti da Covid-19 in sole 24 ore: 993. “La strada per uscire dalla pandemia è ancora lunga, dobbiamo scongiurare il rischio di una terza ondata che potrebbe arrivare già a gennaio e potrebbe essere violenta come la prima e la seconda”, ha dichiarato il Presidente del Consiglio. Per quanto riguarda le misure, il Post riassume le principali limitazioni: “Dal 21 dicembre al 6 gennaio sono vietati tutti gli spostamenti da una regione all’altra anche per raggiungere le seconde case. Il 25 e il 26 dicembre e il primo gennaio sono vietati anche gli spostamenti tra comuni. Continuerà a essere in vigore il coprifuoco su tutto il territorio nazionale dalle 22 alle 5 del mattino. Per la sola notte di Capodanno sarà esteso dalle 22 alle 7 del mattino”. Provvedimenti che non trovano il favore di alcuni presidenti di Regione. “L’esecutivo fa tutto da solo”, accusa ad esempio Zaia (Veneto), intervistato dal Corriere della Sera. Sulle stesse pagine, Aldo Cazzullo auspica che il governo – con la collaborazione delle opposizioni – si concentri su due punti: un piano dettagliato ed efficiente per i vaccini e un altro per il Recovery Fund, il programma di aiuti europeo contro la crisi.

Iran contro tutti. “Sul nucleare non rinegoziamo”, è il messaggio del ministro degli Esteri iraniano Zarif, ospite del Forum Med, che respinge le aperture del Presidente eletto Biden per una revisione dell’intesa nucleare e afferma che l’unico accordo valido è quello del 2015. Mentre l’Iran chiude la porta agli ispettori Onu (La Stampa), il capo della diplomazia di Teheran accusa gli europei di aver lasciato solo il suo paese: “Non vediamo compagnie europee in Iran. Non vediamo Paesi dell’Ue comprarci petrolio. Non abbiamo sentito condanne dell’assassinio di Fakhrizadeh, un atto d’aggressione internazionale, un atto di terrorismo contro di noi” (Fatto Quotidiano). Se Zarif accusa l’Occidente – lasciando aperta la porta a uno scambio di prigionieri e alla liberazione dello scienziato Djalali (Giornale) -, la Premio Nobel per la pace iraniana Shirin Ebadi, intervistata da La Stampa, replica a distanza. “Finché il regime continuerà a muoversi nella regione sostenendo le milizie paramilitari non ci saranno schiarite. La soluzione per l’Iran è dentro l’Iran, non negli Stati Uniti”. Mentre Zarif minaccia chi ha firmato gli Accordi di Abramo, Ebadi ribatte: “la guerra non risolve i problemi, aumenta quelli che ci sono. È per questo che sostengo qualsiasi accordo di pace, anche quello tra Israele, il Bahrein e gli Emirati. Ben venga se arabi e israeliani si parlano, spero che un giorno questo dialogo comprenda anche i palestinesi che oggi ne sono esclusi. Sono convinta che alla fine, contrariamente al fatto che nascano in funzione anti-Iran, questi accordi ridurranno la tensione in Medio Oriente”.

A Dubai per fare la pace e per fare business. “La chiamano Dubai Fever, la febbre di Dubai, quel fremito di energia collettiva che sta coinvolgendo le migliori imprese israeliane da quando l’Accordo di Abramo ha aperto i legami commerciali, turistici, tecnologici e diplomatici tra due antichi nemici, gli Emirati Arabi Uniti e Israele”, racconta Carlo Pizzati sul Venerdì di Repubblica, dando voce a diversi investitori e imprenditori israeliani e al loro impegno per costruire nuovi rapporti economici con Dubai. “Dopo Londra, Parigi e New York, questa è la regione che noi imprenditori israeliani vogliamo raggiungere più di ogni altra”, ha spiegato Erel Margalit, capo della prima delegazione di imprenditori israeliani.

Dall’Etiopia a Israele. Giovedì sono arrivati in Israele i primi 316 cittadini etiopi di origine ebraica (su un totale di duemila) che lo scorso ottobre il governo israeliano aveva accettato di accogliere nel paese. Ad riceverli, la ministra dell’Immigrazione, Pnina Tamano-Shata, lei stessa immigrata di origine etiope giunta in Israele con un ponte aereo clandestino nel 1984, che si è recata personalmente in Etiopia per sovrintendere al trasferimento (Il Dubbio).

Piemonte, medici israeliani al lavoro. La Stampa, nel dorso torinese, racconta il primo giorno di lavoro all’ospedale di Verduno (Cuneo) della delegazione medica israeliana, arrivata per dare una mano nel reparto Covid-19. “Siamo qui per rimboccarci le maniche e lavorare spalla a spalla con i colleghi italiani” ha confermato Elhanan Bar On, capo della delegazione di sanitari del Sheba Medical Center.

Egitto, Zaki ancora in cella. Dopo una quindicina di giorni passati in prigione, sono stati scarcerati i tre dirigenti della ong egiziana Eipr – impegnata nella difesa dei diritti civili – per cui Patrick Zaki lavorava come ricercatore in studi di genere. Lo studente egiziano dell’Università di Bologna resta invece in custodia cautelare nel carcere cairota di Tora, indagato da oltre dieci mesi per propaganda sovversiva.” L’idea che Patrick da mesi dorma per terra la dice lunga sulle sofferenze aggiuntive che il regime carcerario egiziano produce, oltre al fatto che sta trattenendo un innocente”, sottolinea al Corriere Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International, chiedendo la scarcerazione di Zaki.

Venezuela, “voto di domenica una farsa”. Nicolas Maduro, al potere in Venezuela dal 2013, ha indetto per domenica le elezioni per sostituire il parlamento, attualmente dominato dalle opposizioni ma esautorato da tempo. Il suo avversario, Juan Guaidó, auto-proclamatosi presidente ad interim, al Corriere parla di elezioni farsa. “La dittatura ha espropriato i partiti d’opposizione, designando direttamente candidati corrotti dal regime. Non è un vero processo elettorale”, afferma Guaidó nell’intervista. “La pressione interna ed internazionale, la diplomazia, la mediazione della Norvegia sono tutti strumenti per trovare una soluzione. – sostiene Guaidó – Maduro continua ad usurpare le funzioni di presidente perché è un dittatore brutale. Preferisce allearsi con i tiranni, comprare benzina dall’Iran con oro macchiato di sangue, sfruttando le risorse dell’Amazzonia illegalmente, con il trasferimento forzato degli indigeni. La cupola delle forze armate beneficia di questo sistema. E il Venezuela ha i numeri di un Paese in guerra”.

Segnalibro. Sul Manifesto viene presentato un “percorso di saggi” dedicato a Etty Hillesum, scrittrice olandese uccisa ad Auschwitz a 29 anni. Tra i testi consigliati, Parole mie con voce tua. Etty Hillesum e l’esperienza del raccontarsi (Castelvecchi) di Sara Gomel: un lavoro che intreccia letteratura e filosofia, frutto di uno studio sui materiali di archivio del Centro di ricerca dedicato alla Hillesum. Ada Gobetti, Bianca Guidetti Serra, Frida Malan, Silvia Pons. Sono invece le quattro protagoniste del libro di Caroline Moorehead La casa in montagna. Storia di quattro Partigiane (Bollati Boringhieri). L’autrice racconta il perché di questo libro al Venerdì di Repubblica: “volevo incentrare il racconto su quattro donne animate dagli stessi ideali di libertà e giustizia ma un po’ diverse l’una dall’altra”.

Daniel Reichel