Le scuse che non si scusano
È noto che in Italia ai personaggi pubblici possano accadere le cose più bizzarre a loro insaputa, ma negli ultimi giorni abbiamo scoperto che a qualcuno può capitare addirittura di pubblicare un post antisemita a propria insaputa. È stato questo, infatti, il tenore dell’autodifesa di una consigliera comunale torinese. Analizziamo le sue dichiarazioni:
“Chi mi conosce sa che non sono razzista e voglio bene a ogni essere umano, senza distinzione di genere, condizione sociale, religione o colore della pelle”. Ahi: chi inizia un discorso dichiarando di non essere razzista di solito tende a concluderlo con qualche affermazione tipicamente razzista. Proseguiamo: “Ho cancellato il post precedente [e ci mancherebbe che non l’avesse cancellato!] perché quei giornali che volevo criticare hanno usato un dettaglio dell’immagine, a cui neanche avevo fatto caso, per delegittimare il ragionamento sul problema, che esiste, della concentrazione nella mani di pochi dell’intera informazione in Italia.” Traduzione: il mio post andava benissimo (sulla questione del dettaglio torneremo tra poco), sono i giornali cattivi che lo hanno strumentalizzato. “Mi scuso con i colleghi del M5s che sono stati al centro della strumentalizzazione [chiaramente sono loro le vere vittime delle vignette antisemite] e con tutte le persone di origine o religione ebraica [non mi permetto di usare il termine “ebrei” che sarebbe troppo offensivo] che si sono sentite offese o discriminate [non “sono state offese”, “si sono sentite”, soggettivamente, perché sono ipersensibili e paranoiche] o alle quali quel dettaglio ha ricordato la pagina più nera della storia del Novecento”.
Tanto per capirci, il dettaglio sarebbe l’immagine di un ebreo con tanto di kippà e maghen David sulle spalle che tiene in mano un coltello insanguinato. Quante sono le probabilità che una persona che riceve un testo accompagnato da un’immagine simile legga il testo senza guardare l’immagine? A occhio e croce direi una su un milione: se davvero le persone notassero i testi prima delle immagini allora perché chi pubblica libri e giornali si darebbe così tanta pena di curare la grafica?
E quale sarebbe poi il contenuto così straordinario di questo post, tale da catturare immediatamente chi lo guarda e fargli dimenticare le vignette? Sul sito del gruppo Gedi si trova facilmente, quasi sulla home page, un elenco completo e preciso di tutti i quotidiani, periodici, radio, network, ecc. di sua proprietà. Niente di segreto o tenuto sottotraccia. Dunque nel post non c’era proprio nulla che potesse giustificare il commento “interessante” della consigliera comunale, se non, appunto, le vignette antisemite. O forse le cose interessanti erano quelle che nel sito da cui, a quanto pare, è stato tratto il post comparivano a fianco della parte pubblicata dalla consigliera comunale? “Questo è il gruppo editoriale sionista Gedi. Questa rete di fakenews è utilizzata per manipolare l’opinione pubblica. Qui iniziano gli elogi a criminali come Draghi, qui nascono le notizie false per indurti al vaccino. Diffida di tutti questi marchi: anche quando diffondono apparentemente notizie vere, lo fanno solo per mischiarle ad altre falsità per confondere i cittadini. Il gruppo Gedi appartiene alla famiglia Elkann che fa capo al gruppo Bilderberg e sionisti come Soros” (si noti tra parentesi che in altri ambiti Soros viene dipinto spesso come acerrimo nemico di Israele). Ammesso e non concesso che la consigliera ignorasse il post originale, cosa c’è di “interessante” in un’informazione nota a tutti?
In conclusione, trovo davvero indecente che noi ebrei ogni volta che veniamo insultati ci dobbiamo sorbire queste scuse che non fanno neanche finta di scusarsi e che in pratica sono delle accuse supplementari, trovandoci al contempo di fronte all’opinione pubblica nella sgradevole parte di chi si offende facilmente e non sa essere conciliante. Così ogni volta gli antisemiti si presentano come le vittime mentre noi siamo i persecutori. Oltre al danno la beffa. E quando queste cose succedono nella mia città, che vanta una tradizione di ottimi rapporti tra le istituzioni comunali e la Comunità ebraica, il danno, la beffa e l’amarezza sono centuplicati.
Anna Segre