Perseguitati razziali e benemerenze, la Corte dei Conti presta ascolto
Dai primi di gennaio di quest’anno, Moked ha ospitato diversi interventi allo scopo di illustrare ed analizzare il nuovo quadro normativo di riferimento per il c.d. assegno di benemerenza in favore degli ex perseguitati razziali (“Provvidenze a favore dei perseguitati politici razziali e dei loro familiari superstiti”).
Su proposta della Commissione istituita dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri su espressa richiesta dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in considerazione del permanere di alcune gravi criticità interpretative delle leggi n.96/1955 e n.932/1980, l’art.1 della legge di bilancio 2021, la n. 178 del 30.12.2020, ai commi 373-374 ha infatti introdotto alcuni emendamenti dal forte impatto sostanziale, che prevedono anzitutto:
– lo slittamento del termine finale da prendere in considerazione per valutare la persecuzione, portato dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945
– l’inversione dell’onere della prova e l’introduzione di una presunzione di persecuzione in favore dei perseguitati razziali.
All’esito di questa importante novità, di portata storica, come da qualcuno è stata definita, pur arrivata tardivamente, nonostante i primi risultati a suo tempo ottenuti, sempre su iniziativa di UCEI, con gli indirizzi della Presidenza del Consiglio del luglio 2005, in considerazione delle storiche difficoltà incontrate dagli ex deportati razziali per ottenere il c.d. assegno di benemerenza, l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ha proseguito nelle proprie relazioni istituzionali, allo scopo di sensibilizzare gli organi preposti all’analisi delle domande ed all’applicazione della c.d. legge Terracini, in primis la magistratura contabile (Corte dei Conti), alla cui giurisdizione ricorrono i perseguitati razziali che vedono negata la loro richiesta di assegno di benemerenza.
Ai primi di febbraio, la Presidente Noemi Di Segni, con il Vice Presidente Giulio Disegni e il sottoscritto, ha così incontrato il Presidente della Corte dei Conti, Guido Carlino, per sensibilizzare il massimo organo della magistratura contabile su questi temi, nel tentativo di, per quanto possibile, evitare il ripetersi di pronunce pubblicate negli ultimi anni che, in taluni casi, hanno rappresentato una vera e propria seconda “violenza” in danno di coloro che subirono sulla propria pelle la persecuzione razziale.
Alcuni magistrati, nel rigettare il ricorso di ex perseguitati razziali e nell’accogliere le tesi del Ministero dell’Economia e Finanze, che sempre resiste nei giudizi sul diritto a percepire l’assegno di benemerenza, si sono infatti resi responsabili di scrivere nelle motivazioni delle sentenze brani che fanno dubitare di appartenere allo Stato italiano ed al suo ordinamento giuridico: ne pubblichiamo alcuni stralci al termine di questo intervento.
Nel corso dell’incontro con il Presidente della Corte dei Conti, è emersa quindi l’opportunità di promuovere alcuni momenti di sensibilizzazione e di formazione degli stessi magistrati contabili, talvolta privi di adeguata preparazione storico-giuridica su quel periodo cruciale per la storia italiana e, ciò nonostante, chiamati a valutare la sussistenza della persecuzione razziale.
Nell’ambito di un Convegno tenutosi nei giorni 13 e 14 aprile 2021 presso la Scuola di Alta Formazione della Corte dei Conti Francesco Staderini dal titolo “Sperequazioni pensionistiche, vincoli di bilancio e doveri di solidarietà intergenerazionale nella legislazione e nella giurisprudenza contemporanee”, il professor Michele Sarfatti ed il Vice Presidente UCEI Giulio Disegni sono intervenuti per parlare rispettivamente di “La persecuzione antiebraica in Italia 1938-1945” e di “La normativa sui benefici riconosciuti ai perseguitati politici antifascisti e ai perseguitati razziali”.
Si è trattato di un’occasione particolarmente significativa ed anche la prima in questo ambito, che ha visto la partecipazione di un elevato numero di magistrati (circa 250) appartenenti a Corti dei Conti di tutta Italia, che hanno seguito da remoto il Convegno.
Se la Commissione per le provvidenze, a fronte di tante domande accolte, ne ha sovente respinto altre meritevoli di accoglimento, è poi la Corte dei Conti in definitiva a dettare le regole e gli indirizzi cui poi la Commissione, anche se organismo del tutto autonomo, quasi sempre tende ad attenersi, con il dissenso dei rappresentanti di UCEI ed ANPPIA.
Ancora oggi possiamo affermare che assistiamo ad una sorta di doppio atteggiamento da parte delle istituzioni italiane su questi temi.
Da un lato, i vertici manifestano sensibilità e sincera vicinanza, fanno solenni dichiarazioni di principio ed adottano iniziative in campo legislativo ed amministrativo per favorire il riconoscimento delle provvidenze in favore degli ex perseguitati razziali; dall’altro lato, all’interno della pubblica amministrazione, esistono operatori e funzionari che non agiscono con lo stesso spirito ed anzi sembrano per certi versi ostacolare, se non impedire che gli ex perseguitati razziali ancora in vita ottengano ciò che, per legge, spetta loro, ad oltre 80 anni dalla pubblicazione delle infami leggi razziali.
Prova ne sono: da una parte, ancora oggi, la mancata convocazione della Commissione per le provvidenze ai perseguitati politici italiani antifascisti o razziali e loro familiari superstiti, istituita presso il Ministero dell’Economia e Finanze e chiamata a valutare le domande di chi ancora non ha ottenuto il riconoscimento del c.d. assegno di benemerenza per aver subito la persecuzione razziale (anche per l’attesa sostituzione di alcuni suoi componenti). Dall’altra, la incredibilmente sollecita richiesta di rimborso da parte della Ragioneria Territoriale dello Stato di importanti somme accumulate negli anni da ex perseguitati che inizialmente hanno ottenuto l’assegno di benemerenza, allorquando la sentenza d’appello della Corte dei Conti ribalta la pronuncia favorevole di primo grado e quindi rigetta la domanda (ignorando il legittimo affidamento del percipiente su detti importi, ottenuti in forza di pronuncia positiva e dunque in perfetta buona fede).
Davide Jona Falco, Consigliere UCEI
Massime di sentenze della Corte dei Conti (2015 – 2020):
– Non è sufficiente, pertanto, un generico stato di disagio e di timore di eventi infausti, indotto dalla politica generale antirazziale delle autorità dell’epoca. Peraltro, tale stato di timore e la conseguente esigenza dii nascondersi non poteva non essere comune alla totalità della popolazione ebraica in quei tempi.
Il Legislatore ha inteso attribuire il beneficio in questione, non a tutto il popolo ebraico, per le sofferenze patite, ma alle sole vittime dirette di specifici atti persecutori.
E’ nella discrezionalità del Legislatore stabilire provvidenze per determinate categorie di beneficiari, indicando i requisiti e i presupposti per il riconoscimento del corrispondente diritto. Nel caso di specie, la legge ha sostanzialmente sancito l’impossibilità di un riconoscimento automatico del beneficio economico in questione in virtù della sola dimostrazione dell’appartenenza del richiedente alla minoranza ebraica, collettivamente destinataria di norme, generali e astratte, di tipo persecutorio.
(Corte dei Conti Sezione I Giurisdizionale Centrale di Appello, sentenza n. 507/2015)
– L’essere stata costretta a vivere in clandestinità, in quanto i genitori, di religione ebraica, affidarono la bimba neonata alle cure di una famiglia amica, non integra di per sé gli estremi di un fatto persecutorio chiaro, individualizzato e specifico, idoneo a colpire la ricorrente in via diretta. Il Legislatore ha inteso attribuire il beneficio in questione non a tutto il popolo ebraico per le sofferenze patite, ma alle sole vittime dirette di specifici atti persecutori.
(Corte dei Conti Sezione II Giurisdizionale Centrale di Appello, sentenza n. 609/2017)
– Le innegabili sofferenze e le privazioni patite dalla ricorrente durante il periodo bellico, attesa la loro natura e forma di manifestazione, non possono intendersi quale conseguenza diretta e personale dell’applicazione delle leggi razziali, bensì rappresentano fatti coercitivi che hanno riguardato anche parte rilevante della popolazione italiana. Molti dei bambini della sua età furono allora – in ragione del conflitto – impediti nella frequenza scolastica.
(Corte dei Conti Sezione III Giurisdizionale Centrale di Appello, sentenza n. 175/2018)
– Manca la prova dello specifico atto di persecuzione idoneo a legittimare l’erogazione del beneficio. Infatti, parte appellata sostiene che “la persecuzione razziale afflittiva della famiglia si è riversata immediatamente anche sulla bambina neonata… Le sofferenze e le privazioni patite dall’odierna appellata non possono tuttavia intendersi quale conseguenza diretta dell’applicazione delle leggi razziali, bensì rappresentano circostanze che hanno riguardato tutto il popolo ebraico
(Corte dei Conti Sezione III Giurisdizionale Centrale di Appello, sentenza n. 189/2019)
– Le innegabili sofferenze e le privazioni patite dalla ricorrente durante il periodo bellico, attesa la loro natura e forma di manifestazione, non possono intendersi quale conseguenza diretta e personale dell’applicazione delle leggi razziali.
(Corte dei Conti Sezione III Giurisdizionale Centrale d’Appello, sentenza n. 10/2020)