Un secolo (e oltre) di storia e successi

“La nostra università, improntata alla cultura ebraica e alla energia ebraica, si plasmerà come parte integrale del nostro edificio nazionale che è in processo di costruzione. Avrà una forza centripeta, che attrarrà tutto ciò che v’è di più nobile nell’ebraismo e attraverso il mondo; sarà un centro d’unità per i nostri elementi dispersi. Essa emanerà ispirazione e vigore, che ravviveranno le forze ora latenti delle nostre Comunità disperse. Qua l’anima errante d’Israele raggiungerà il suo porto”. Parole pronunciate il 24 luglio 1918 da Chaim Weizmann, futuro primo presidente d’Israele, in occasione della posa delle prime pietre dell’Università Ebraica sul Monte Scopus di Gerusalemme. Nel discorso di Weizmann – riportato da Pagine Ebraiche nel dossier dedicato ai cento anni dell’Università Ebraica – tutto il coraggioso ottimismo, l’utopia poi diventata realtà di costruire a Gerusalemme il nucleo culturale del futuro Stato ebraico. Al suo fianco, personaggi della caratura di rav Avraham Kook, Albert Einstein, Sigmund Freud, Martin Buber e Chaim Nachman Bialik. Su quelle solide spalle nacque dunque l’Università Ebraica, oggi eccellenza a livello internazionale – come dimostrano i nove premi Nobel e la stabile posizione tra le cento migliori università del mondo – con tanti obiettivi raggiunti e su cui puntare per il futuro, in particolare per mettere al centro i propri studenti. “Normalmente la qualità di un ateneo si valuta in base ai suoi risultati nella ricerca e da questo punto di vista siamo leader in moltissimi ambiti, – spiegava a Pagine Ebraiche il rettore Barak Medina – ma quando sono stato nominato mi è stato immediatamente chiaro come fosse necessario investire nel rapporto con gli studenti. Da una parte siamo una università che segue il modello americano, dall’altra talvolta trattiamo i ragazzi come quelle europee, classi affollate, professori che non conoscono davvero gli studenti, né se ne interessano. Pur essendo la migliore università israeliana a volte facciamo fatica ad attrarre i migliori perché molti non vogliono trasferirsi a Gerusalemme e c’è la nomea che studiare da noi sia più difficile. Così stiamo spingendo per cambiare. Per esempio abbiamo lanciato un programma di mentoring che sta riscuotendo grande successo: a ogni matricola viene assegnato un mentore tra i docenti, che deve incontrarla, spiegare di cosa si occupa in termini di ricerca, capire i suoi interessi… Come università pubblica poi attiriamo iscritti di background socio-economico diverso; in Israele solitamente gli studenti lavorano durante l’università, ma spesso da noi gli studi non lo permettono. Ci impegniamo molto per garantire un numero sufficiente di borse di studio e la raccolta fondi a questo scopo è senz’altro una priorità”. Tra le priorità anche una maggiore presenza, sia tra il personale sia tra gli studenti, dei settori della società meno rappresentanti all’interno del mondo accademico. Proprio per raggiungere questo traguardo è stata scelta di recente la professoressa Mona Khoury-Kassbari, neoletta vicepresidente dell’Università, la prima rappresentante del mondo arabo ad ottenere questo prestigioso ruolo. Un passaggio importante nella storia dell’istituzione.
L’impulso a creare l’università nella terra di Israele nacque nell’ultima parte del XIX secolo, prima della nascita del movimento sionista. I primi progetti per la creazione dell’università furono presentati in una serie di articoli scritti nel 1882 da Zvi Hermann Shapira, un rabbino, professore di matematica e sionista convinto. Shapira presentò le sue idee al primo Congresso sionista nel 1897, ma non fu presa alcuna decisione. Chaim Weizmann, Martin Buber e Berthold Feivel pubblicarono nel 1902 un opuscolo intitolato Eine Judische Hochschule, che esponeva i principi per l’organizzazione di un’università del popolo ebraico. Nel 1913, l’11° Congresso sionista mondiale decise di istituire un’Università a Gerusalemme, la cui lingua d’insegnamento sarebbe stata l’ebraico. E così si arrivò alla posa delle prime pietre nel 1918.
Tra i professori che sono saliti in cattedra sul Monte Scopus, ci fu anche il rav Umberto Cassuto, come raccontato nel Dossier dedicato ai 100 anni dell’Università. Cassuto, costretto a lasciare Firenze a causa della leggi razziste, arriverà a Gerusalemme nel 1939. Storico ed ebraista di fama internazionale, la dirigenza universitaria sarà ben lieta di affidargli un corso. E il 15 novembre proprio del 1939, pronuncerà la prolusione al suo corso dal titolo “Il nostro compito nella scienza biblica”. Presenti in sala, come è stato ricostruito, le massime cariche accademiche, il presidente dell’Università Judah Leon Magnes, il presidente del consiglio esecutivo Zalman Schocken e il rettore Abraham Halevi Fraenkel. Un intervento, quello di Cassuto, in cui, come ha scritto Ariel Viterbo in un suo saggio contenuto nella Rassegna Mensile di Israel, emerge “l’emozione del nuovo professore al primo contatto con l’ambiente nel quale eserciterà il suo incarico”.
Un ambiente proiettato al futuro, ma ben radicato nel millenario passato ebraico. “Qual è il significato dell’Università Ebraica? Quale sarà il suo ruolo? Da dove attingerà i suoi studenti e quali lingue si parleranno in questa sede?” dichiarò allora Weizmann. “A prima vista, potrebbe sembrare un paradosso che una terra che ha una popolazione così piccola, una terra che ha ancora bisogno di tutto, una terra priva di elementi fondamentali come aratri, strade e porti, che in una tale terra stiamo creando un centro per lo sviluppo spirituale e intellettuale. Ma il paradosso non esiste se si conosce l’anima ebraica”. Ma l’università non fu ideata solo per gli ebrei. Sin dall’inizio i suoi ideatori e fondatori la percepirono come uno strumento utile al Medio Oriente: l’università era ed è aperta ai membri di tutte le religioni e culture.

(Nell’immagine, la cerimonia di inaugurazione dell’accademia sul Monte Scopus del 1925)