Il bambino che amava il cinema
“Per illustrazioni briose ed eleganti, nervose e musicali, sempre contrassegnate da un sicuro possesso delle tecniche. Per un dialogo avvincente e serrato che pagina dopo pagina si dipana fra la storia e le immagini. Per l’efficacia narrativa di un testo sincopato e incisivo”.
È questa la motivazione con cui la giuria del premio Andersen ha scelto François Truffaut. Il bambino che amava il cinema scritto da Luca Tortolini e illustrato da Victoria Semykina (Kite edizioni) come vincitore della categoria albi illustrati.
Un albo con cui DafDaf aveva aperto la rubrica dedicata al cinema, a gennaio di quest’anno, scritto da un autore già comparso sulle pagine del giornale ebraico dei bambini nel 2015 grazie al suo Le case degli altri bambini illustrato da Claudia Palmarucci (ed. Orecchio Acerbo), un viaggio nelle abitazioni della nostra infanzia.
Dal numero 121 di DafDaf riprendiamo le pagine dedicate all’albo vincitore del premio Andersen, con un grande mazal tov all’autore.
a.t. twitter @ada3ves
Il bambino che amava il cinema
“Volevo essere François Truffaut, ma sono diventato Luca Tortolini, purtroppo… ne sono pentito, ma non l’ho fatto apposta. Potevo fare qualsiasi altra cosa, ma ho deciso di occupare quasi tutto il mio tempo con la scrittura. Scrivo per essere più attento e più libero. Scrivo per capire il mistero, per capire qualcosa o per dimenticare qualcosa”.
È così che si presenta l’autore del libro con cui abbiamo scelto di inaugurare una nuova rubrica, che parlerà di cinema.
Si intitola François Truffaut. Il bambino che amava il cinema.
Alla redazione di DafDaf piacciono molto i libri di Luca, da tanto tempo, e oggi è la volta di un suo albo, illustrato da Victoria Semykina (lei è russa, ma dopo tanti viaggi ha deciso di fermarsi, e ora vive a Bologna).
Insieme raccontano alcuni momenti importanti dell’infanzia di un grande personaggio del cinema, che si chiamava François Truffaut, e il suo amore per i libri e la lettura, l’amore per i film, poi per la scrittura di articoli che parlano di cinema fino alla realizzazione del suo primo film: “Les quatre cents coups”.
Racconta Luca: “Negli anni ho visto di continuo i suoi film e studiato i suoi libri. È un autore intenso, vivo e intelligente, che ha raccontato e ritratto molto l’infanzia, con uno sguardo sensibile e che ci ha lasciato un complesso di opere che andrebbero studiate a fondo. Io l’ho fatto e continuo a farlo: per me è fondamentale. Credo sia una cosa importante far conoscere i film e la storia del cinema alle piccole e ai piccoli: film importanti, il linguaggio cinematografico, i registi, gli sceneggiatori, l’evoluzione tecnica, attrici e attori, i temi e i contesti in cui sono realizzati i film. Se noi autori e autrici, illustratrici e illustratori riuscissimo tramite i nostri libri a far passare almeno un po’ del nostro interesse, un po’ di quell’amore che abbiamo per l’arte cinematografica, potremmo e dovremmo esserne fieri”.
“Un uomo si forma tra i sette e i sedici anni. Poi vivrà di tutto ciò che ha assimilato tra queste due età“. Lo diceva François Truffaut, e niente più del cinema illuminò il suo periodo di crescita e di formazione.
Ma vediamo cosa racconta il libro:
François era un bambino timido e gracile, qualche volta euforico.
Viveva a Parigi nel quartiere di Pigalle.
In casa gli proibivano di muoversi perché non volevano che facesse il minimo rumore. Così François rimaneva seduto a leggere per ore e la sua immaginazione viaggiava.
e, più avanti, si legge:
Tre film al giorno, tre libri alla settimana facevano la sua felicità. Erano una buona compagnia e la sua scuola. In questo modo gli anni passarono.
Luca
È scrittore e sceneggiatore e vive a Macerata, nelle Marche. Ha pubblicato molti libri e vinto dei premi importanti.
È docente di scrittura, ama i gatti, i giardini e i libri.
Scrivere, leggere e ascoltare storie lo rende felice
I suoi libri sono tradotti in diverse lingue.
Nel numero 75 di DafDaf avevamo già raccontato di un suo libro, nella rubrica Filò, curata da Sara Gomel. Era Le case degli altri bambini, illustrato da Claudia Palmarucci, pubblicato da Orecchio Acerbo: “Un tuffo nelle case degli altri: piccole, grandi, in centro, in periferia, luminose, piene di libri, piene di gente, un po’ vuote, con grandi finestre…”
E prima di Sara di quello stesso libro aveva scritto, sul numero 62 del giornale ebraico dei bambini, Nadia Terranova, che ne citava un frammento: “Per un bambino casa è casa, che sia una foglia di cavolo sotto cui dormire, una capanna sull’albero, un iglù, l’albergo di proprietà dei genitori, un appartamento di fronte al Colosseo. Casa è un posto completamente diverso da un posto tutto tuo, è mio perché lo abito io, ci dormo, ci mangio, ci gioco sul parquet, è ricco oppure è povero, è stabile oppure precario, è colorato e perfetto”, perché vivremo e abiteremo tanti luoghi ma una sola resterà per sempre “la” casa.
(Disegni di Victoria Semykina)