Strage all’aeroporto di Kabul,
l’Isis torna a colpire

I governi occidentali avevano avvertito di un imminente attacco dei terroristi dell’Isis a Kabul e per questo avevano chiesto di tenersi lontano dall’aeroporto. L’attacco c’è stato come raccontano i titoli e terribili immagini che aprono i quotidiani di oggi: due kamikaze si sono fatti esplodere tra la folla fuori dall’aeroporto, uccidendo decine di persone. Almeno 60 civili afghani, tra cui molti bambini, e 13 soldati americani nel bilancio provvisorio delle vittime, con oltre 140 feriti. “L’attacco, da parte di almeno due attentatori suicidi, – racconta il New York Times – ha colpito l’unica via di fuga per le migliaia di cittadini stranieri e decine, o centinaia, di migliaia di loro alleati afgani che stanno cercando di fuggire dal paese dopo la presa di potere dei talebani e prima del ritiro finale delle truppe statunitensi, fissato per martedì prossimo”. Ritiro che continua, ha dichiarato il Presidente Usa Joe Biden intervenendo in conferenza stampa e lanciando un messaggio ai responsabili dell’attacco: “Non perdoneremo e non dimenticheremo, vi troveremo e ve la faremo pagare, difenderò la mia gente con tutti i mezzi che ho”.

Lezione afghana. Mentre la situazione è ancora caotica a Kabul, sui quotidiani proseguono le analisi per quello che viene definito il fallimento americano in Afghanistan. Serviva, scrive Henry Kissinger in un articolo tradotto dal Corriere della Sera, un maggior coordinamento con gli alleati e una “diplomazia creativa” in grado di “distillare misure condivise per debellare il terrorismo in Afghanistan”. Per Ian Bremmer, intervistato da Repubblica, Biden deve ascoltare i suoi alleati europei e trovare con loro una strategia comune. Inoltre l’analista sottolinea come l’attentato dell’Isis sia la dimostrazione che i talebani non hanno pieno controllo sul territorio. “Non sono in grado di gestire il paese. Di sicuro adesso riceveranno meno aiuti e riconoscimento di quanto speravano”, afferma Bremmer. Un’incapacità sottolineata anche da Daniele Raineri sul Foglio, che, parlando del “collasso afghano”, riporta come anche un aereo italiano sia stato bersaglio di colpi di arma da fuoco nel caos di Kabul.

Isis-K. Dietro gli attacchi terroristici di Kabul ci sarebbe l’ala dell’Isis che si definisce “Stato Islamico del Khorasan”: il grande Khorasan è il termine storico che indica i territori degli odierni Afghanistan, Tagikistan, Uzbekistan, Turkmenistan e Pakistan su cui l’Isis vuole estendere il suo potere. La priorità del movimento terroristico, definito Isis-K, è “distruggere l’influenza dei talebani nell’Afghanistan orientale e da lì realizzare una base del jihadismo globale, anti-occidentale. – spiega il Sole 24 Ore – L’ideologia è la sempre la stessa: esportare il jihad e fare terra bruciata di apostati e infedeli, musulmani o non”.

Al fianco d’Israele. L’attacco a Kabul ha fatto inevitabilmente slittare il vertice tra il presidente Usa Biden e il Premier israeliano Naftali Bennett. I due si incontreranno oggi a Washington alle 17 locali. Il tema sul tavolo sarà soprattutto l’Iran, ma sullo sfondo c’è un interrogativo legato all’Afghanistan ed espresso in questo modo al Foglio dall’editorialista del Jerusalem Post Gil Troy: “Se gli Stati Uniti vengono umiliati allora lo è anche l’occidente, se l’occidente è umiliato il timore è che presto potrebbe esserlo anche Israele. A Gerusalemme dispiace se Washington prende una batosta, ma soprattutto ora si chiede cosa stia accadendo, quanto l’America sia affidabile”, afferma Troy, secondo cui è comunque troppo presto per dare valutazioni sull’operato di Biden. A cui, aggiunge, conviene stringere un rapporto solido con Israele. “La democrazia israeliana ha creato un esercito forte, orgoglioso e indipendente – afferma l’editorialista – che difende coraggiosamente gli israeliani e la democrazia in tutto il mondo”. Sempre sul Foglio, il direttore Claudio Cerasa afferma che “chi si indigna contro l’orrore talebano non dovrebbe avere più problemi a indignarsi contro i nemici di Israele”, come Hamas, Jihad Islamica, Iran, che subito hanno applaudito al ritorno talebano.

Le dimissioni di Durigon. Il sottosegretario all’Economia della Lega Claudio Durigon ha annunciato le sue dimissioni, evitando un voto di sfiducia in Parlamento nei suoi confronti. Dimissioni arrivate dopo la polemica sulla sua proposta di dedicare un parco di Latina ad Arnaldo Mussolini al posto che a Falcone e Borsellino. “Dice che il suo è stato un errore di comunicazione, ribadisce di non essere mai stato fascista, anzi ‘contrario a ogni dittatura e a ogni ideologia totalitaria’”, scrive Repubblica. Intanto, aggiunge La Stampa, “tesse le lodi della bonifica dell’agro pontino fatta da Mussolini e rivendica di essere nipote di ‘coloni’ e di fatto ‘figlio della bonifica’”. “Persona onesta e schietta”, lo difende il leader leghista Salvini, che invece attacca la ministra Lamorgese, di cui vorrebbe le dimissioni ma attorno alla quale il centrosinistra fa quadrato.

Chiarimenti dal Vaticano. Giornale e Repubblica tornano sulla richiesta di chiarimenti e la preoccupazione espressa dal Gran Rabbinato d’Israele per alcune posizioni recentemente espresse da papa Bergoglio sulla Torah, con cui si lasciava intendere di ritenerla arcaica e non più in grado di “dare vita”. Posizioni, l’accusa del Gran Rabbinato, che danno linfa a un “insegnamento sprezzante verso gli ebrei e verso l’ebraismo”. Per Alberto Melloni (Repubblica), la richiesta di chiarimento sarebbe la dimostrazione che esiste un legame di fiducia tra il rabbinato israeliano e il pontefice. “È la prova – scrive Melloni – che l’ebraismo confida che il papa capisca” le sue preoccupazioni e vi dia risposta. Intanto al Giornale un alto responsabile della Commissione vaticana per i Rapporti Religiosi con l’Ebraismo dichiara: “Stiamo lavorando a una risposta ma è chiaro che cerchiamo un dialogo costruttivo”.

Daniel Reichel