L’intervento del rav Di Segni
La Torah e il rispetto che è mancato

“Riproporre in termini semplificati le contrapposizioni antiche comporta il rischio di confermare stereotipi ostili, nel caso particolare quello dell’ebraismo come religione abrogata e formalistica, tutta doveri, senza spirito, o semplice preparazione, ‘pedagogia’ alla nuova fede”.
È quanto scrive, in un intervento che appare oggi sul quotidiano La Repubblica, il rabbino capo di Roma rav Riccardo Di Segni. Considerazioni che arrivano a pochi giorni da un commento improprio di Bergoglio alla lettera ai Galati di Paolo in cui si parlava del ruolo della Legge rispetto alla fede. Nell’occasione il papa aveva lasciato intendere di ritenere la Torah qualcosa di obsoleto e non più in grado di “dare vita”, suscitando una forte reazione nel rabbinato israeliano.
“La religione ebraica – sottolinea rav Di Segni – è fatta di regole da osservare, insieme a un sistema di credenze. Dalle lontane origini fino a oggi, si discute nell’ebraismo sul valore che possa avere l’osservanza dei precetti senza un’adeguata partecipazione spirituale, senza credere. I Maestri che prima e dopo il Baal Shem Tov hanno sottolineato l’assoluta importanza della fede sono tanti. Ma nessuno di questi si è mai sognato di dire che se non c’è fede non bisogna osservare, e che l’osservanza serva solo a preparare a una nuova fede”.
I temi trattati dal papa, prosegue il rav, richiedono “attenzione e valutazione delle ricadute”. Qualcosa che stavolta è mancato, si fa notare, trattandosi di un caso in cui “il rispetto reciproco non c’è stato”. A stupire rav Di Segni “anche certe difese di ufficio” caratterizzate da aspetti che definisce paradossali. “A chi ha protestato per il modo in cui sono state spiegate le parole di Paolo, è stato risposto che Paolo voleva solo dire che per lui la Torah senza fede non ha valore, e in questo affermava un principio ebraico”.
“Certamente Paolo ha solidi riferimenti alla tradizione ebraica – prosegue il rav – ma il suo pensiero è anche rivoluzionario. Non si può dire che il suo pensiero è ebraismo proprio quando propone la sua rilettura radicale della Torah, che gli serve da introduzione a una nuova fede; né affermare oggi che chi difendeva la Torah era un ‘missionario fondamentalista’, termine che in questi giorni andrebbe ben diretto altrove”.