Ritorni, rimpianti e speranze

Ci sono abitudini che sono diventate per noi ancora più preziose dopo averle perdute e ritrovate più volte nel corso dell’ultimo anno (la pizza appena uscita da un forno a legna, il cinema su grande e grandissimo schermo, le camminate tra i campi o nei boschi); oppure nuove abitudini che forse non abbandoneremo completamente perché tutto sommato hanno i loro vantaggi (il caffè bevuto con calma seduti al tavolino, le riunioni a distanza – meno conviviali ma più agevoli da organizzare anche tra persone che vivono in città e continenti diversi); ci sono poi abitudini sospese a tempo indeterminato che per ora possiamo solo rimpiangere con la speranza che ritornino presto. Tra queste ci sono gli eventi, le feste e le cene comunitarie, e soprattutto il kiddush comune alla fine della tefillà mattutina di Shabbat e nelle feste; se altre cose possono trovare surrogati (feste in famiglia o con pochi amici, riunioni ed eventi con zoom) il kiddush è scomparso e basta, perché per il momento non c’è nulla che lo possa rimpiazzare. In particolare, in questi giorni che ci avvicinano al nuovo anno, ripenso con nostalgia al kiddush del primo giorno di Rosh Hashanà: in una comunità media o piccola era un’occasione per incontrare dopo la pausa estiva un po’ tutti – parenti, amici, genitori e figli di amici, ex allievi, ex insegnanti – comprese le persone trasferite in Israele o altrove che di solito ritornavano per le feste autunnali. Tra un biscotto e una mela col miele, tra una chiacchierata e una reciproca richiesta di notizie, veniva fuori anche l’occasione per qualche discorso più serio: attività da organizzare, articoli richiesti o promessi, scambi di opinioni e molto altro.
So bene che tra le benedizioni da invocare per il prossimo anno ci sono cose infinitamente più importanti, ma confesso che non posso fare a meno di ripensare al kiddush comunitario con molta nostalgia, e anche con un filo di speranza per questo 5782 che sta per iniziare.
Shanà tovà a tutti

Anna Segre