“Ebraico, una scelta esistenziale”

Per il professor Gavriel Levi i prossimi dieci anni saranno decisivi per l’ebraismo italiano. In particolare per quanto riguarda lo studio dell’ebraico. “La scelta dell’ebraico è un scelta esistenziale che tocca in modo profondo gli ebrei italiani. O nei prossimi dieci anni si modifica profondamente l’approccio all’insegnamento della lingua, o perderemo il più importante strumento che ci lega agli ebrei di tutto il mondo”. Attualmente è troppo bassa infatti la percentuale di ebrei italiani che hanno padronanza dell’ebraico, evidenzia Levi, docente di Neuropsichiatria dell’età evolutiva e Consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Per il futuro serve un cambio di passo. “Dico il 2032 perché sarà un riferimento chiaro per vedere quali traguardi abbiamo raggiunto con i bambini e gli adolescenti di oggi, che saranno i ragazzi e gli adulti di domani: queste sono le fasce di età su cui dobbiamo investire”. Per farlo, servirà un impegno comune. “Dovranno essere soprattutto le famiglie, assieme alle comunità ebraiche e all’Unione, a spingere i propri figli a studiare l’ebraico. A ogni ragazzo e ragazza dovrà essere pagato prima o dopo il bar mitvah così come prima o dopo la maturità un corso intensivo di Ulpan. Full-time. Ogni famiglia dovrà prendersi carico, secondo le proprie possibilità, di questo impegno con il sostegno della Comunità di appartenenza e dell’Unione”. La soglia da superare è quella del 50 per cento degli ebrei italiani capaci di conversare e leggere in modo fluente in ebraico. “Senza la consapevolezza della lingua, la strada è verso la scomparsa. Per questo insisto su questo punto. Penso che i primi cento ragazzi che coinvolgeremo saranno la chiave”. Secondo il professor Levi infatti sarà poi l’emulazione a fare da motore per gli altri giovani e per i loro genitori. “Una volta che i compagni e le altre famiglie vedranno i risultati di chi ha svolto il corso intensivo di ebraico, vorranno prendervi parte. Inizierà una sana competizione, a cui l’UCEI potrà dare il suo sostegno e la prima spinta. Questa è la mia scommessa”.
Parlando invece del significato della lingua per lui, Levi ne richiama diversi aspetti. “L’ebraico per me è una continua riscoperta, è una lingua materna, è la lingua della Torah, del Tanakh. Non è stata mai imbarbarita, ma potenziata dalla lingua della mishnah, resa logica dalla Gemarah”. Il fascino per il suo studio è dunque ancora vivo, ma c’è un elemento di critica e di preoccupazione. “L’ebraico moderno si sta spingendo verso una esagerata anglicizzazione. È un avventura molto pericolosa questa, in parte dettata da scelte in parte dal semplice contesto, ma che influenza il modo di pensare delle persone”. Uno spunto dunque di riflessione sull’orientamento della società israeliana guardato attraverso il prisma della lingua. “Ci vorrebbe un’analisi approfondita, ma qui mi limito a dire che questa anglicizzazione è soprattutto portata avanti da giornalisti e giuristi, che dovrebbero invertire questa tendenza”.
Alla domanda su quale sia l’autore o un testo a lui caro in ebraico, Levi risponde con il nome della poetessa Zelda Schneersohn Mishkovsky. “Nelle sue poesie trovi i Tehillim (Salmi) e allo stesso tempo Leopardi”.

dr