La difficoltà di comprendere Israele

Docenti universitari, filosofi, giornalisti, politici, psicoanalisti. Sono ventidue gli intervistati che hanno preso parte all’ultima indagine dell’Osservatorio Antisemitismo della Fondazione Cdec, presentata sul numero di Pagine Ebraiche di gennaio in distribuzione. Attraverso le loro risposte, l’indagine, curata dalla sociologa Betti Guetta, analizza il fenomeno antisemita nella sua complessità e nelle diverse modalità in cui viene percepito nella società italiana.

Il tema Israele è un sottofondo permanente delle interviste. Alcuni intervistati pensano che l’antisemitismo sia anche trascinato dall’avversione verso Israele, che la politica dello Stato ebraico sia sfruttata per rafforzare tendenze antisemitiche. La difficoltà di comprendere Israele sembra rappresentare nell’immaginario collettivo il fantasma di un ebreo riemerso dopo la Shoah.
“C’è una forma molto strisciante di antisemitismo che in realtà è un antisemitismo tra virgolette di tipo etico o perché è legato allo Stato di Israele. Uno più classico di discriminazione originaria che ha più radici nella destra e questa nuova forma di antisemitismo che purtroppo ha più radici nelle frange di sinistra”.
“Allora diciamo che l’antisraelismo è una situazione in cui Israele è percepito e raccontato e descritto allo stesso modo del fantasma dell’ebreo. Come la radice di ogni male è quel paese che muove tutte le fila e questo si esprime anche in una certa fissazione su Israele. Persone che di fronte a tutte le ingiustizie del mondo scelgono di occuparsi di una sola o prevalentemente di quella ingiustizia. Oppure che cercano di attribuire delle cose a Israele che non ci sono…Anche lì sento subito una vena di antisemitismo. Che molto spesso va insieme con l’antiamericanismo, che è un’ossessione identitaria di sinistra”.
“È chiaro che spesso la politica dello Stato di Israele è strumentalmente sfruttata. […] Le nostre città sono sempre più multietniche con presenza sempre più forte di cittadini musulmani. È da questi settori della nostra popolazione che possono provenire spinte antisemitiche rilevanti: un vero accordo tra israeliani e palestinesi aiuterebbe a combatterle alla radice”.
Qualcuno commenta il conflitto arabo-israeliano come scontro religioso tra musulmani estremisti ed ebrei per cui l’antisemitismo deriva dall’interpretazione integralista della religione. “Nasce a mio giudizio da due tipi di fattori: uno di carattere politico e uno, di cui si parla poco ma esiste, di carattere religioso. Allo stesso tempo però non dobbiamo sottovalutare il fenomeno che si sta diffondendo anche in Europa, come per esempio la Francia, di un antisemitismo di carattere religioso… nella fattispecie penso ad alcune componenti estremiste di religione musulmana”.
Nelle discussioni tra antisionismo, antisraelismo e antisemitismo c’è chi cerca di fare dei distinguo ma per alcuni non è sempre facile distinguere tra la critica ad Israele e l’antisemitismo. “Le politiche di Israele possono essere giudicate come le politiche di qualsiasi altro paese ma usare stereotipi antisemiti e proiettarli sullo Stato ebraico è antisemitismo verbale”.
Molti intervistati, sottolinea ancora Guetta, ritengono che la demonizzazione dello Stato di Israele da parte dell’estremismo sia di sinistra che di destra aumenti l’antisemitismo. Il conflitto in Medio Oriente “non è la causa della nuova sollevazione di antisemitismo, anche se viene fin troppo facilmente correlato”.
L’antisemitismo si è adattato alle condizioni attuali, sotto forma di antisraelismo. In quanto Stato ebraico Israele è l’espressione più visibile della vita ebraica contemporanea e, quindi, il magnete “naturale” dell’attuale antisemitismo.
“Ritengo che sia legittimo criticare le politiche degli Stati-nazione (Israele incluso) in base alle proprie posizioni politiche e morali. Ritengo sempre ingiustificabile e pericoloso mettere in campo generalizzazioni categoriali per cui ‘tutti’ gli israeliani sono, pensano, fanno…”.
“Mi sembra di poter dire che non ci sia una forte relazione tra l’antisemitismo diffuso tra la popolazione e invece quello relativo al ruolo dello Stato ebraico e al conflitto con i palestinesi che ha sue complessità e la sua storia”.
“Come fai a dire ‘Io sono contro lo Stato di Israele ma sono a favore degli ebrei’: secondo me le cose vanno di pari passo e se sei a favore dello Stato sei anche a favore degli ebrei”.
“Indubbiamente su alcune parti dell’opinione pubblica – ben informata, attenta alle vicende internazionali e alla tutela dei diritti umani – la politica di Israele condiziona negativamente l’atteggiamento nei confronti degli ebrei che vivono in Italia, alimentando posizioni critiche e sentimenti di ostilità”.
“Penso che molti antisemiti siano inconsapevoli, se gli dai dell’antisemita si offendono…una volta se ne sarebbero vantati. Adesso invece lo prenderebbero come un affronto, convinti che la loro sia una critica allo Stato e alla politica dei governi. Non si rendono conto che nei confronti di Israele esercitano un’attenzione diversa e usano pure degli argomenti diversi da quelli che userebbero per altri governi”.

(Le immagini che accompagnano il Dossier Antisemitismo di Pagine Ebraiche sono tratte dal catalogo della mostra “Saul Steinberg Milano New York” curata da Italo Lupi e Marco Belpoliti con Francesca Pellicciari e realizzata insieme alla casa editrice Electa)