Ucraina in bilico
In Ucraina la situazione rimane sospesa tra guerra imminente e possibile soluzione diplomatica. I titoli dei quotidiani italiani propendono, riprendendo le parole dei vertici americani, per la prima ipotesi. “Putin ha ordinato l’invasione”, l’apertura de La Stampa che cita la vicepresidente Usa Kamala Harris. Repubblica parla di “Ucraina sull’orlo della guerra” e di fuga dalla regione del Donbass. Il Cremlino intanto non ha dato seguito al ritiro dei suoi uomini dalla Bielorussia – le esercitazioni dovevano terminare ieri – e sul confine rimangono schierati 30mila soldati. Intanto a Kiev si celebra l’anniversario della rivolta di piazza Maidan del 2014, che ha dato il via al cambio di regime. “L’Ucraina è nata qui”, dichiarano al Corriere della Sera i manifestanti presenti. Sono però pochi: la paura di possibili attacchi ha lasciato molti a casa. Sempre il Corriere poi si sposta sul confine ucraino nel Donbass dove il corrispondente Andrea Nicastro registra le testimonianza di alcuni nazionalisti pro-Kiev. “Noi siamo multietnici, tartari, cosacchi, polacchi, ebrei e certo russi, ma soprattutto ucraini tolleranti, europei, democratici. – dicono alcuni reduci del conflitto del 2014 – I russi di Mosca credono di essere il popolo eletto, i migliori e soprattutto i padroni. Hanno comandato per secoli, ma ora basta”.
Contro la nuova intesa con l’Iran. Secondo il Premier israeliano Naftali Bennett l’accordo tra potenze occidentali e Iran sul nucleare è “imminente”. Ma, avverte, “probabilmente creerà un Medio Oriente più violento e pericoloso”. Anticipando alcuni dettagli, Bennett ha dichiarato che a differenza dell’intesa del 2015 che aveva durata 10 anni, quella attuale ha una scadenza a due anni e mezzo. “Il che vuol dire che le limitazioni al programma nucleare iraniano termineranno per la maggior parte nel 2025”. In questo modo, avverte Bennett, “l’Iran potrà poi sviluppare centrifughe avanzate senza limitazioni”. Inoltre con l’intesa, prosegue il Premier israeliano, Teheran riceverà “subito decine di miliardi di dollari e la rimozione di sanzioni”. E “questi fondi in definitiva sono destinati a fomentare terrorismo nella regione, cosa che metterà in pericolo anche le forze Usa”. A commentare negativamente il possibile accordo, Fiamma Nirenstein sul Giornale.
Pandemia e confini. I quotidiani ricordano come siano passati due anni dall’inizio della pandemia in Italia: era la sera del 20 febbraio del 2020 a Codogno, quando l’anestesista Annalisa Malara fece un tampone a Mattia Maestri, diventato il primo positivo registrato nel nostro paese al Covid-19. Al Corriere della Sera oggi Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri, spiega: “Noi scienziati sottovalutammo l’allarme dalla Cina: provo rimorso”. A distanza di due anni, la crisi sanitaria che ha segnato il mondo appare sempre più sotto controllo, soprattutto grazie ai vaccini. In Israele, come segnala Libero, il governo da settimane ha avviato politiche di apertura e allentamento delle restrizioni. Dal Primo marzo non solo sarà di fatto eliminato l’uso del Green pass, ma ci sarà anche una svolta per il turismo: potranno entrare anche le persone non vaccinate purché presentino un test PCR negativo prima di salire sul volo e ne facciano un altro dopo l’atterraggio in Israele.
Gabriel Bach (1927-2022). È morto a 94 anni Gabriel Bach, il magistrato che nel 1961 rivestì il ruolo di pubblico accusatore durante il processo al criminale nazista Adolf Eichmann, uno degli artefici della Shoah. Aveva lasciato la Germania con la sua famiglia nel 1938 per sfuggire ai nazisti per spostarsi nella Palestina mandataria, ricorda in una breve il Corriere. Per 15 anni è stato giudice della Corte Suprema israeliana.
Segnalibro. Arriva in libreria, edito da Einaudi, il nuovo saggio di Delphine Horvilleur, Piccolo trattato di consolazione. Vivere con i nostri morti. Nel saggio, spiega oggi il Corriere, Horvilleur prende spunto dal suo impegno nella sinagoga reform Beaugrenelle di Parigi per parlare di come “aiutare nel lutto, al cimitero, i familiari delle persone appena decedute, usando le parole”. Intervistata dal Corriere, Horvilleur ricorda come cimitero in ebraico significhi “casa della vita”. “Fa parte della tradizione ebraica – spiega – avere paura di tutto quello che può affascinare della morte. L’ebraismo di solito tiene a distanza i mausolei, ciò che di morboso ci può essere nel culto dei morti. E proprio nel cimitero che si deve celebrare la vita, raccontare la forza vitale di coloro che non ci sono più ma hanno lasciato un’eredità potente nelle nostre esistenze. Per questo prima dei miei discorsi devo parlare con i familiari, entrare nelle loro case, scorgere da un dettaglio, un oggetto, un tratto decisivo della personalità”.
Ricordando Eco. Protagonista del nuovo appuntamento per le Umberto Eco Lectures, il 28 febbraio a Bologna sarà lo scrittore israeliano Eshkol Nevo. “Hope” (speranza) il titolo del suo intervento, come segnala oggi La Stampa.
Daniel Reichel