16 ottobre, il dramma
di Guido e Virginia
Due pietre per la Memoria viva

Un lutto impossibile da elaborare, la scomparsa del figlio Raffaello colpito da una malattia incurabile e morto alla vigilia del fatidico otto settembre del 1943. Con il cuore ancora gonfio di dolore Guido Passigli e sua moglie Virginia Coen decidono che una cosa almeno possono farla: cambiare aria. Da Firenze vanno così a Roma, ospiti di familiari, alla ricerca di un po’ di ristoro e serenità. Un soggiorno assai breve, subito interrotto dalla drammatica alba del 16 ottobre. Dopo l’arresto da parte nazista e la detenzione nell’ex Collegio Militare di via della Lungara saranno entrambi deportati ad Auschwitz e lì uccisi. Guido aveva 68 anni, sua moglie 64.
Per non dimenticare quanto accaduto due pietre d’inciampo sono state collocate stamane in via San Michele a Tegolaia, nella frazione di Grassina, di fronte a quella che fu la loro abitazione. Una cerimonia toccante che ha visto la partecipazione tra gli altri del nipote Guidobaldo Passigli, ex presidente della Comunità ebraica fiorentina, che nel libro “La comitiva” racconta la loro storia e si sofferma sul messaggio di addio scritto dalla coppia nelle ore successive alla cattura. L’unico testo scritto e fatto uscire da quell’edificio di cui si sia oggi a conoscenza. “Un prezioso e commovente messaggio, un documento che giunge quasi dall’aldilà, destinato ad uso privato ma che diventa, con la sua pubblicazione, un importante elemento di Public History”, scrive nella prefazione la storica Liliana Picciotto.
Molte le persone a stringersi ai familiari e numerosi anche gli interventi. Tra gli altri quello della pronipote Alessandra Passigli, del rabbino capo di Firenze rav Gadi Piperno, del sindaco di Bagno a Ripoli Francesco Casini, di rappresentanti dell’Aned e di altre associazioni.
“Con grande forza d’animo e tragico presentimento riuscirono a scrivere una lettera di addio per i familiari, lettera che poi fu raccolta da mani pietose e portata alla loro cognata non ebrea”, la testimonianza dei familiari. “Ora siamo qui a ricordarli, perché non li abbiamo dimenticati”.