“Irpin e Bucha, orrore senza fine:
abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti”

Il confine con Romania l’ha potuto attraversare grazie alla cittadinanza israeliana di cui dispone dai tempi dell’Aliyah. Il lasciapassare decisivo per Alexander V., che insieme alla sua famiglia risiede ormai da qualche settimana nella località rumena di Gura Humorului. Un centro un tempo caratterizzato da una vitalità ebraica piuttosto significativa, oggi quasi del tutto annientata dalla Shoah. C’è ancora una sinagoga in piedi, racconta, “anche se purtroppo non più in funzione”. La sua scelta di lasciare l’Ucraina è stata dettata dalla necessità di mettere in salvo i suoi cari, di portarli al sicuro dai missili e dalle bombe di Mosca.
Da Gura Humorului sta ora coordinando soccorsi e raccolta di tutti quei prodotti di prima necessità di cui c’è urgenza assoluta in Ucraina, soprattutto nelle aree più colpite come Irpin e Bucha dove, come è stato denunciato da più fonti, sono stati anche compiuti massacri efferati. “Ricevo in continuazione materiale da quelle zone. Bambini uccisi, donne stuprate: una galleria degli orrori che toglie il sonno. Ancora più raccapricciante pensando a cosa dice Putin, alle sue abiette menzogne, al martellante lavaggio del cervello cui sta sottoponendo la popolazione russa”, sottolinea a Pagine Ebraiche. Alexander sta agendo in stretto raccordo con un suo amico di lunga data, investito ad Irpin del ruolo di comandante delle forze di difesa territoriali. “Gruppi di volontari, arruolati tra la popolazione per difendere il territorio. Ci sentiamo al telefono con regolarità: lui mi aggiorna sulla situazione in quei luoghi martoriati, io su quello che sto riuscendo a fare qua, dalla Romania. Sotto la sua competenza c’è anche Bucha, dove pure c’è carenza di tutto: acqua, pane, medicinali”. Ad Irpin Alexander dispone anche di due occhi ulteriori: quelli di suo padre Michael, che inizialmente l’aveva seguito in Romania “ma poi, dopo all’incirca una settimana, è voluto tornare in Ucraina con una missione: prendersi cura di alcuni amici e delle persone che lavorano nella nostra azienda”. Una scelta che il figlio definisce “eroica, degna di ammirazione”.
Il flusso degli aiuti è costante. Alexander agisce in sintonia con sua cugina Anastasia Vendrov, una iscritta alla Comunità ebraica fiorentina originaria anche lei di Kiev che da settimane è impegnata nell’invio di pulmini stipati di prodotti che, partendo dalla località di Tavarnuzze situata nei pressi del capoluogo toscano, vengono poi dislocati nei punti di raccolta predisposti dal governo.
“Quando finirà tutto tornerò a Kiev”, spiega Alexander. “Lì ho un lavoro, una vita, il mio cuore”. Difficile fare previsioni allo stato attuale su quando ciò potrà accadere. “Non credo neanche di essere la persona giusta per farlo”, aggiunge sconsolato e poi spiega perché. “Il 23 febbraio, la vigilia dell’aggressione russa, ero tranquillo. Mai avrei pensato una cosa del genere. Difatti sono andato a dormire con uno stato d’animo sereno”. A svegliarlo all’alba è stata la telefonata di un parente: “È iniziata”. “È iniziata cosa?”. “La guerra, Alexander”. Due minuti dopo ecco arrivare, anche sulla Capitale, “i primi missili, le prime esplosioni”. Quella di Alexander è una famiglia fortemente coinvolta nelle vicende ebraiche locali. “Ho studiato cinque anni con rav Yaakov Bleich. Vicino alla mia casa di Kiev ho non una ma ben tre sinagoghe. Non male – conclude – per un Paese che qualcuno si è arrogato il compito, mistificante, di denazificare”.
Gura Humorului è uno dei tanti centri dove si sta praticando solidarietà attiva. “Lo vedo ogni giorno: tanti sono i volontari mobilitati per aiutare, per dare una mano ai numerosi profughi già arrivati o che ancora arriveranno”. Una situazione, conclude, “che dà speranza”.

(Nell’immagine: una delle spedizioni per l’Ucraina predisposte dall’Italia da Anastasia Vendrov)

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(7 aprile 2022)